venerdì 3 agosto 2012

L'opinione delle nuvole Capitolo 6 (prima parte)

Questa volta, devo riconoscerlo, mi è scappata la mano. Ma questo capitolo era troppo importante, e...bhe, capirete da soli alla prossima pubblicazione.

Segnalo, come sempre, che se volete leggere (o rileggere) il resto del romanzo lo trovate qua.

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Buona lettura!



CAPITOLO 6


I.

Non era finita qua, ovviamente. La storia di Daniel si dipanava su un tempo talmente tanto lungo, e confuso, che lui stesso faticava a tenerne le briglia.

Mentre impedivano a lui e la sua ragazza di incontrare il viaggiatore, e Nadia spariva, contemporaneamente Nadia non scompariva ma veniva bensì uccisa, nel breve tempo in cui Vincent faceva quei cinque metri che distanziavano lo sportello dal citofono di Daniel. Come avessero pututo tagliarle la gola ed allontanarsi senza essere minimamente visibili in così poco tempo, questo non offriva spiegazione logica per nessuno dei due, tra Daniel e Vincent. Ma soprattutto per Daniel, dato che Vincent era, logicamente, troppo sconvolto.

Prima dell'arrivo di Daniel, Vincent prese il corpo ancora caldo della ragazza e lo trinse forte a se. Tra le lacrime di lui, la carne si trasformò in fumo, e in pochi istanti non c'era più. Quando il cugino arrivò, lo trovo in un deserdo interiore di compassione, pietà e paura, che difficilente sarebbe riuscito a togliere dalla sua anima.

Il senso della perdita non l'avrebbe mai più abbandonato, neppure nelle realtà in cui l'evento non era mai avvenuto.

E mentre il tempo si sovrapponeva sempre più in un senso per nulla logico, in un distropico 2056, dopo la grande guerra, uno stanco studioso stava analizzando per l'ennesima volta i suoi studi sulle lavagne olografiche. In teoria non c'era motivo per cui la cosa potesse non funzionare. Non c'era. Eppure, il suo computer non riusciva a calcolare l'algoritmo corretto per sputarlo nel tempo.

Lo scienziato si chiamava Luzi Lego, e sarebbe stato noto, in alcune frazioni della storia, come l'uomo aveva dato il via alla fine dell'umanità.

Aveva già presentato i calcoli alla comunità scientifica più volte, senza ottenere altro che di farsi ridere dietro, da una parte, e la più pesante reticenza da un'altra, quella dei timorati, quella dei religiosi, ma anche dei filosofi, o sei semplici liberi pensatori.

Anche molti altri scienziati, per la verità, erano assolutamente convinti che la cosa, se fosse stata realmente possibile, avrebbe causato dei danni immensi al continuum. Anche i bambini conoscevano bene il paradosso del nonno.

C'era però chi si preoccupava di prendere pesantemente sul serio questi studi. Chi conosceva il potere militare, comprese immediatamente che se una cosa del genere avesse funzionato, sia per usarla che per non usarla, sarebbe stato meglio che fosse in mano propria.

Questa cosa lo pensava contemporaneamente praticamente qualunque milizia di qualunque stato del pianeta. Ormai ben poche, però, erano in grado di muoversi per far qualcosa, ma abbastanza da rendere la vita allo scienziato impossibile. Fu inizialmente rapito dai tedeschi, per poi trovarsi nelle mani dei cinesi e di conseguenza degli indiani. Se i nipponici e gli statunitensi non avessero smesso da tempo di essere le potenze che erano, i prossimi sarebbero stati loro. Ora però c'erano diversi paesi mediorientali a contenderselo, e tutto sommato anche la Francia ed Israele, per non parlare dell'Erzinia. E ogni volta, in ogni operazione, morivano centinaia di persone. E quel che era peggio per lo scienziato, ogni volta perdeva grandi quantità di dati che avrebbe dovuto ogni volta ricalcolare da capo.

Se mai vi fosse stato modo di rallentare le sue scoperte, questo era senza dubbio il modo migliore. Nonostante tutto, comunque, queste procedevano, fino al punto di stallo in cui si trovava ora. Teoricamente era tutto completo, sulla carta non poteva non funzionare. Allora, perchè continuava a non accendersi neppure?

Lontano da questo tipo di problema, ben altra doveva essere la preoccupazione dello scienziato, ora, perchè una intera parete del laboratorio ove stava facendo i suoi studi venne scaraventato giù dall'intrusione di un commando armato.

Lego non sapeva neppure più dove si trovasse, questo laboratorio, con tutte le volte che l'avevano spostato. Per la cronaca, ora si trovava in Francia, vicino al confine con Hospitia.

Quello che erano diventati i 13, ben più potenti di qualunque altro esercito sulla faccia della terra, voleva la scoperta per se, per NON USARLA. Il mondo era perfetto così com'è, e se esisteva davvero la possibilità che qualcosa potesse cambiarne la storia e magari anche la struttura sociale...bhe...no. Questo non doveva proprio accadere. Furono quindi loro, stavolta, a fare irruzione. Presero il professore, ma prima che riuscissero a caricarlo a bordo del tank qualcuno irruppe nella situazione dal lucernario superiore e cominciò a sparare.

Erano due uomini di mezza età, armati delle famose pistole. Uno aveva i capelli bianchi ma ancora comprenti l'intera calotta cranica. Aveva un maglioncino rosso, dei jeans e un piumino sopra il maglioncino. Sembrava essere molto in forma.

L'altro aveva ancora qualche capello nero, ma era profondamente stempiato. Aveva una giacca blu, sopra i jeans anche lui, ed era decisamente più sformato dell'altro.

Erano Daniel e Vincent.


II.

- Ma guarda un po'.- disse Daniel - 45 anni per presentarci all'appuntamento...e per poco non abbiamo fatto tardi.-

- Aaaahh, tranquillo. Non ci avrebbero lasciati qua. Vero, professor Lego?-

- Chi siete voi?-, chiese il professore. Se lo stavano chiedendo anche i 13, ma arrivarono presto a darsi una risposta.

I 13 conoscevano bene Vincent de Ville e Daniel Irons. Si erano trovati spesso a scontrarcisi, anche se, realtà per realtà, in situazioni diverse.

- Sai Vin, quel professore non-, ma dovettero riparare a terra: quelli che erano i 13 avevano cominciato a sparare.

Loro risposero al fuoco, ed a ogni colpo le famose pistole producevano esplosioni da plasma impressionanti.

- Cos'è che dicevi?- gridò Vincent.

- Il professore!-, urlava il cugino, - non somiglia per niente al tizio che ci ha dato le pistole. E poi avrà almeno 40 anni in più, non vedi?...-

- Non so che dirti! Ora spara, poi ci pensiamo!...-

Avevano trascorso 45 anni a cercare di capire da dove diavolo potessero venire quelle armi. Chi fosse quel viaggiatore che gliele aveva consegnate e perchè avevano avuto a che fare con esse per ben 4 volte.

Si, quattro.

La prima volta era stato quando i due avevano una decina d'anni, nel 2011. In quella fase ricevettero le pistole e decisero di nasconderle nella rocca.

La seconda volta, comunque siano andate le cose, era stato (nelle realtà che accettavano questo avvenimento) nel 2016. In questo caso era stato solo Daniel ad incontrare il viaggiatore, nonostante lo stesso Vincent a causa delle pistole continuava a trovarvisi invischiato. Comunque fosse andata quella situazione, decisero di recuperare le pistole ed è lì che vennero in contatto con la terza e quarta volta.


III.

Eravamo di nuovo nel 2041, infatti. Daniel era esattamente dove l'avevamo lasciato, ubriaco sulla poltrona, la mattina dopo. Fu il campanello a svegliarlo. Rimbombava nella sua testa come mille colpi di cannone, e non gli davano tregua.

- Arrivo, arrivo...-, disse, mentre il campanello continuava a suonare. - Ma che avete da scampanellare così?...non ce l'avete una vita?-

Era suo cugino.

- E tu che ci fai qua?-

- Nulla, sono passato a vedere come stavi...-

- Bene, grazie per la visita. Te ne vai di già? Che peccato.-

- Sempre così cordiale...posso entrare?-

- Fai come ti pare.-, disse Daniel, mentre si rifiondava sulla poltrona.

- E' una bella giornata fuori, sai? c'è il sole. Te lo ricordi com'è fatto il sole, Dan?-

- Ma lasciami in pace...-

- Oh, andiamo, vecchio mio.- raccolse la bottiglia e la svuotò nel lavello. - Ti conosco. All'inizio è così, poi piano piano ti riprendi e diventi più gentile...-

- Non voglio essere più gentile...-

- Si, certo. come vuoi tu.-

-...che ci fai qua? Sono mesi che non ti fai vedere...-

- Sai, non stiamo esattamente a due passi, io e te. Passo quando ho un momento libero...-

- Libero da cosa? Non hai mai fatto un cazzo in vita tua...-

- Riconosco che possa sembrare così.-

Stava aprendo le finestre. La casa doveva essere rimasta chiusa per parecchio tempo.

- Perché? Cosa fai?-

- Al momento mi occupo di te, ad esempio.-

- Allora è fatica sprecata. Lascia perdere. Ah!...-

Il sole gli colpì gli occhi. Probabilmente era vero che non vedeva la luce del sole da parecchio. Non quella del mattino, per lo meno.

Vincent gli si sedette di fronte.

- Non essere così drammatico. Lo sai in che anno siamo?-

- Mh? Cos'è, sei ubriaco anche tu?-

- No, per fortuna. Siamo nel 2041, vecchio mio. -

- E con ciò?-

- Con questo, dato che nel 2016 non c'è stato nessun incontro, è venuto il momento che andiamo a riprenderci le pistole. Stavolta ci tocca di sicuro.-

- Ma di cosa diavolo stai parlando?...-

- Sei confuso, e lo capisco. Ma nel 2011, da bambini, abbiamo ricevuto delle pistole. Ci venne detto che le avremmo potute usare, forse, nel 2016, oppure, sicuramente, nel 2041. Ricordi, ora?-

- Si...-

- Quindi, avanti. Fatti una bella doccia e partiamo, perchè io da solo non le saprei ritrovare di certo.-

- Ma chi ti dice che io abbia ancora voglia di giocare come un bambino, Vincent?-

- Il fatto che in fin dei conti, lo sei, ancora un bambino. Non sei cresciuto affatto. Anzi, sei tornato indietro.-

- Non tirare troppo la corda...-

- Non la tiro affatto. Anzi, ti faccio i miei più sinceri complimenti per tutto quello che sei riuscito a fare e per quello che sei diventato. Davvero, stimo sinceramente tutti i tuoi successi.-

- Grazie...-

- ...e so che non ti lascerai più andare via in questo modo. Hai lasciato che i sentimenti ti scivolassero addosso per 25 anni, vecchio mio.-

- E allora?...-

- Allora, credo che tornare un po' bambino non ti farà di certo male. Oh, andiamo, che ti costa? Male che vada ti sarai fatto una gita.-

Daniel lo guardò, con un misto di compatimento e di rassegnazione.

- Sei un immaturo...-

-Lo so.-


IV.

2016.

Al sicuro da occhi indiscreti, lontano da qualunque comitiva di turisti, i due ragazzini stavano forzando con un'asta di metallo una serie di pietre della sala secondaria (la più piccola) della torre principale.

- Viene?-

- Si. Molto lentamente, ma si.-

Tirarono su il possente ammasso, fino a lasciar libero il corpo cavernoso all'interno.

- Ma..uff..ma come diavolo abbiamo fatto a spostarlo quando eravamo bambini?-

- La forza della gioventù, mio caro.-

Le guardavano. Eccola laggiù: bella, linda, luccicante, come quando ce la misero la prima volta. La scatola di metallo.

- Ma come facevi a conoscere questo nascondiglio?-

- La prima volta che venni alla rocca avevo 6 anni, e lo trovai aperto. Sicuramente qualcuno l'aveva aperta per fare dei lavori di restauro.-

- E quindi?-

- Ricordi che quando la aprimmo nel 2011 c'erano delle biglie e delle figurine?-

- Mi dicesti che era il tuo nascondiglio speciale.-

- Era parzialmente vero. ORA lo era.-

- Quelle figurine...-

- Ce le avevo in tasca, come le biglie. Pensai davvero ad un nascondiglio segreto. Ce le buttai, poi spinsi il blocco (che già era in bilico, sia chiaro) con tutte le mie forze, fino a quando non ci ricadde dentro, rimandendo incastonato. Sembrava o non sembrava perfettamente sigillato?-

- Si.-

- Pensa che da bambino ci piansi anche, pernsando a quanto ero stato coglione a buttarci le mie cose! Come avrei fatto, ora, a riprenderle?-

- Ma la seconda volta eravamo in due, e più grandi.-

- Già. E dopo averla aperta ebbi la conferma che nessuno l'aveva mai più riaperta. -

- Probabilmente pensarono che fosse già stata risigillata.-

- Esatto. Ed ecco che le nostre pistole sono rimaste al sicuro, per tutti questi anni.-

Guardavano la scatola. Sospirarono entrambi, e infine la tirarono fuori. Che è esattamente quello che fecero, sempre loro due, nel 2041 di una continuità temporale nella quale evidentemente non erano tornati a prenderle, nel 2016.

Come Daniel ebbe a comprendere molto tempo dopo, sono cose che accadono regolarmente nel brodo quantistico dell'universo multidimensionale e multitemporale in cui esistiamo. Ma quelle pistole erano oggetti unici e speciali nel tessuto spazio temporale della realtà. Erano unici nel puro senso della parola, si legavano al possessore e potevano esistere, per loro stessa natura, solo in una direzione temporale. Quando quindi aprirono la scatola e le estrassero, esse unificarono i due punti temporali in cui la diversificazione temporale, dal punto di vista soggettivo dei due oggetti, era più evidente. Il Daniel ed il Vincent del 2016 ed il Daniel ed il Vincent del 2041 si ritrovarono quindi tutti e quattro assieme nella stessa sala, nella stessa rocca, nello stesso tempo. Che fino a che fossero stati univocamente lì, riuniti, non sarebbe stato possibile comprendere quale fosse.

I quattro erano, in questo momento, pesantemente e visibilmente nervosi.

Ma gli oggetti non si limitarono a questo. Nel loro tentativo di uniformare la realtà, non solo collocarono i quattro personaggi nello stesso tempo, generando autonomamente quindi un vero e proprio varco temporale (difficile dire chi si è mosso verso il tempo altrui...è più probabile che fino a che si trovavano tutti assieme si fosse generato un terzo tempo, diciamo un tempo zero, che la storia avrebbe poi ricollocato una volta risolte le cose), ma anche nello stesso spazio, unificando le loro storie, già di per se gravementi lacunose.

Ed ecco quindi che se per il momento non era ancora facile capire cosa era accaduto realmente quella notte del 2016 ai due ragazzi, improvviamente quello dei due ragazzi era diventato anche il passato dei due adulti. Dei quali, Vincent (solo lui) ricordò improvvisamente cosa era accaduto in quello che per i due ragazzi era il presente. Ed era per questo che, non appena gli esponenti dei 13 apparvero all'ingresso intimando di consegnare le pistole, il Vincent adulto si lanciò istintivamente contro il Daniel adolescente, che spaventato dalle pistole ed i mitra degli agenti non ci pensò due volte e sparò.


V.

Ed ecco il problema. Le pistole stavano facendo una fatica immane per mantenere intatta la realtà momentanea in cui aveva collocato i quattro. Erano infatti ultra riscaldate, e non appena Daniel premette il grilletto la pistola gli esplose in faccia, con un guizzo di folgorante energia. Daniel diventò presto un trentenne, poi un cinquantenne, e presto venne colto da un infarto e cadde in terra morto. In pochi istanti divenne una mummia risecchita e poi più nulla.

Quando il Vincent adulto toccò terra, il cugino adolescente non esisteva già più. Alzò la testa verso il suo cugino coetaneo, ma era già scomparso anch'egli. La mente di Vincent vacillò un attimo, poi comprese che non aveva molto senso che si aspettasse di vedere suo cugino lì...non c'era mai stato, era morto a 16 anni, quando la pistola gli esplose in faccia. Era venuto a riprendere solo la pistola, e solo se ne sarebbe andato.

Guardò allora il se stesso adolescente, e insieme guardarono verso il gruppo dei 13. Le loro due pistole (che poi erano la stessa) entrarono quindi in risonanza, e dal loro ugello si proiettarono autonomamente due flussi convergenti. Questi generarono una sorta di fiocco di neve fatto di luce. Attraverso il fiocco si potevano vedere delle cose.

Sia i due Vincent che gli agenti dei 13 si avvicinarono per osservare.


VI.

Nel 2056, i due si stavano scontrando con i 13.

Ora erano gli uni di fronte agli altri, e l'imensa acchian del dottor Lego si trovava esattamente al centro della stanza. Era un apparato cilindrico che si estendeva dal pavimento al soffitto, alto almeno quattro metri. Si trovavano in un magazzino grande grosso modo quanto la macchina stessa. Nelle due estremità, vero il paviment e verso il soffitto, la macchina si allargava andando a mettere in evidenza gli enormi punti di incernieramento con il cemento. Ai lati, in alto, tra una cerniera e l'altra, si estendevano dei grossi tubi si scarico di gomma, mentre in terra era solo un anorme conglomerato di masse di cavi elettrici. Al centro, proprio al centro, della linea di fuoco tra Daniel e Vincent ed il gruppo dei tredici, trovava spazio il computer di controllo. Di fronte ad esso una cabina di stoccaggio teneva sotto controllo l'enorme agnetrometro che avrebbe dovuto essere, in pratica, il cuore funzionante della macchina. Ronzava in continuazione, quasi a voler sottolineare che comunque ci stava provando.

Tra il computer ed il magnetometro trovava spazio una piccola consolle di stazionamento. Sopra di essa lo scienziato teneva un sacco di appunti, che ora stavano volando per ogni dove, con sua somma disperazione. Tutto attorno alla macchina, invece, ruotavano le enormi lavagne olografiche che contenevao tutti i passaggi dell'equazione che tantolo stava facendo impazzire.

Le lavagne erano proprio nella circonferenza su cui si trovavano Daniel, Vincent, ed i 13.

13 che, è il caso di dirlo, non è certo il numero con cui erano presenti in questo scenario. Anzi era una piccola task force di otto persone, due delle quali erano, per l'appunto, dei ben più datati Eddie Krunder e Lisa Cuddert. Quest'ultima era il comandante dell'operazione.

Ne aveva fatta di carriera da quando era un semplice agente, quando stava alle costole di Vincent, Jordan, Alan, Laura e il ragazzo dal ciuffo bianco. Aveva cercato in tutti i modi di capirne di più, in questa storia, trovandosi altre volte ad avere a che fare con quasi tutti i personaggi sopracitati. Ma adesso era qua solo per lo scienziato, e francamente si sorprese di trovarsi di fronte, per l'ennesima volta, quello che nel tempo era diventato un puo piccolo incubo personale.

In un comparto particolare della cabina di stoccaggio della macchina, all'esterno, trovava spazio una piccola nicchia. In essa, lo scienziato custodiva, in una piccola scatoa rettangolare di metallo, quello che riteneva essere il segreto del funzionamento della macchina stessa: quelle due pistole che, secondo i suoi calcoli, erano l'unica cosa al mondo in grado di generare il tipo di energia correta per ricaricare la macchina.

Il modo in cui ne era venuto in possesso era coperto da segreto di stato in almeno 15 nazioni. Le altre nemmeno erano a conoscenza della loro esistenza (i due cugini avevano corrotto parecchi funzionari per venire a conoscenza, finalemnte, della locazione delle stesse). E si stupì prodondamente quando le vide in mano a Vincent e Daniel, oltretutto per combattere. Qualunque tipo di test aveva dimostrato che quelle pistole funzionavano solo per emettere energia a scopi non bellici. Si potevano stimolare con un certo tipo di isotopo radioattivo, ed allora emettevano una sorgente di energia catalogata come pulita, accumulabile e utilizzabile per diversi scopi (come la sua macchina). Ma non appena si decideva di utilizzarla per armare un cannone, ad esempio, l'energia decadeva e l'ggetto in questione diventava del tutto inerte. Men che mai era mai stato possibile farne un uso convenzionale: a chiunque l'abbia mai tenuta in mano, questa è risultata sempre essere nulla di più di un semplice contenitore vuoto senza scopo.

E invece, ora loro le stavano usando.

Un colpo della pistola di Daniel, nello specifico, colpì per errore la macchina, mettendo in moto qualcosa che non aveva mai funzionato. Lo scienziato osservava attentamente, pensando che finalmente avesse cominciato a dare segni di vita. Quando, anche lì, un fiocco di neve fatto di luce apparve al centro del magnetometro, si convinse di essere un autentico genio.

Vana speranza! In verità erano le pistole ad aver azionato tutto. Dopo aver creato una realtà superdensa tra il 2016 ed il 2041, entrarono in sintonia con la macchina del dottor Lego e lasciarono che le due realtà di vedessero tra di loro.


VII.

Aprì gli occhi. Era tutto tremendamente confuso, e si rese conto che aveva la sensazione di non vedere. Questa fu presto sostituita dalla sensazione di vedere troppo.

Si strofinò gli occhi, e cercò di tirarsi su. Si rese conto che il concetto di "su" per il suo baricentro aveva assunto significati del tutto nuovi, e cadde da seduto. Non capì come potesse aver fatto.

Si guardò ancora attorno, questa volta da sdraiato. gli girava ancora moltissimo la testa, e richiuse gli occhi. Si sentì vorticare, più e più volte. Era certo di star cadendo, ma anche di essere saldamente ancorato al pavimento. Quasi lo graffiò, allora, per ancorarvisi il più possibile, e sentì che era di nuda terra. Gli entrava sotto le unghie, ne sentiva il sapore in bocca, e forse anche l'odore.

Provò ad urlare ma non ci riuscì. Gli mancava il respiro. Fece dei respiri profondi, allora, e solo allora si rese conto del fatto che non gli entrava aria nei polmoni. Si sentì morire. Aria, non c'era aria! Si portò le mani alla gola e svenne.

Dopo un po' riaprì gli occhi, sudato. Non c'era ancora aria, e svenne di nuovo.

Sognò. Nel sonno si chiese come facesse a riprendersi se non c'era aria.

Forse era morto, e la morte era così. Niente respiro, niente equilibrio, ma la conservazione della logica mentale e della coscienza di se.

Perchè era ancora cosciente, se non c'era aria, altrimenti? E perchè sveniva, se quella condizione gli permetteva di mantenere la coscienza?

Forse, si disse, nei suoi polmoni c'era ancora dell'ossigeno. Forse quello bastava ancora per un po'. Forse sarebbe finito presto. Del resto, da quanto tempo era lì, così? Muoversi, doveva muoversi. Forse non c'era abbastanza tempo.

Che potesse essere l'ansia a farlo sentire così male? Forse sveniva perchè sentiva che non c'era ossigeno. Bene, allora si sarebbe comportato come se fosse in apnea. Chiuse bocca e naso, e non avrebbe richiesto respirazione all'ambiente circostante, almeno fino a che non fosse morto. Secondi? Minuti? Anni? Che almeno bastassero a capire dove e come si trovava.

Aprì gli occhi di scatto. Le vertigini lo colpirono di nuovo, ma fissò il pavimento. Questo era un punto fisso. Cercò di non guardare assolutamente oltre l'orizzonte, perchè lì non vedeva nulla. No, continuava a guardare il pavimento, e cominciò a sentirsi abbastanza stabile. Dopo un po', riusci addirittura ad alzarsi in ginocchio.

Non guardava ancora oltre l'orizzote, ma si guardava meglio attorno a se. C'erano i resti della pistola.

Era esplosa. Si, lo ricordava.

I suoi abiti erano in brandelli. Erano quelli che indossava nel 2016, ma lui si sentiva anche quello del 2041.

Conservava i ricordi di entrambe le sue versioni. Tutte le versioni dei suoi ricordi, e si rese conto che questo era doloroso. Cercò quindi di non pensarci, almeno per il momento.

Le sue mani erano a volte quelle di un quindicenne, ed a volte quelle di un quarantenne. Altre volte, tutto quello che vi si può trovare in mezzo.

Avrebbe dovuto aspettare, per trovare il modo di bilanciare questa cosa. Al momento, aveva problemi più seri da risolvere del CHI fosse.

Tipo il perchè, fosse.

Prese in mano un pezzo della pistola. Da essa scaturì del fumo, che assunse presto la forma di un fiocco di neve fatto di luce.

Attraverso esso vide la scena nella rocca in cui la pistola gli esplose in faccia, e lui morì. Si sentì attanagliare da un senso di angoscia molto profondo, come se avesse perso una persona a lui cara.

Vide poi come alla sua morte corrispose la scomparsa del Daniel quarantunenne, e sentì perfettamente di essere entrambi. Vide il tempo riallinearsi, e vide un nuovo cristallo di neve formarsi innanzi a loro. In questo vedeva un'altra situazione, in cui uno scienziato aveva creato un macchinario che teoricamente avrebbe dovuto permettere di spostarsi nel tempo. credeva che si fosse acceso perchè era un genio, invece era stata la pistola del Vincent cinquantacinquenne ad accenderla.

La verità è che la macchina non funzionava. Non avrebbe mai funzionato, perchè mancavano alcuni componenti fondamentali che ne avrebbero inibito le energie tachioniche per sempre. La struttura era corretta, ma era ancora troppo presto per l'umanità per comprenderne il funzionamento.

Per l'umanità di un certo continuum, almeno.


VIII.

Daniel l'osservatore si chiese se poteva esistere la possibilità di vedere meglio la finesta del secondo cristallo di neve. Istintivamente, allungò la mano e la spostò al di fuori della finestra principale. La prima finestra rimase esattamente dove si trovava, ma se ne generò una copia, che andò a collocare a fianco alla prima.

Ora si era messo seduto e guardava dritto a se, nelle due finestre. Tra l'altro, questa cosa gli impediva di guardare oltre l'orizzonte.

Nella seconda finestra vide allora che nel 2056 tutti si erano fermati a guardare i protagonisti del 2016/2041. Nel 2016/2041 tutti si erano fermati a guardare quelli del 2056. E lui li guardava entrambi.

Non appena ebbe pensato al fatto che li stava guardando entrambi, una terza finestra si generò a sinistra della prima, mostrando se stesso che guardava le tre finestre. Era inquadrato di spalle, dall'alto, ed istintivamente si girò, osservando lo sfondo, cosa che lo fece vacillare un po'. Meno della volta precedente, comunque. Si stava abituando.

Nelle finestre che stava osservando i personaggi erano sempre i soliti: Vincent, di tre età differenti, se stesso del 2056 (rappresentava una incongruenza? Significava che era un'altra linea temporale? Oppure, in qualche modo era riuscito a tornare indietro?), lo scienziato Lego (ma chi era? Da dove veniva?), i due gruppi distinti di quelli che imparò ben presto a conoscere come i 13 (ma anche loro, chi erano?)...e le pistole (ma cosa erano? Da dove provenivano, in realtà?)

Ad ogni domanda che si poneva, un nuovo pensiero generava un nuovo cristallo di neve, ed ogni cristallo raccontava la sua storia, fornendo a Daniel tutte le risposte di cui aveva bisogno per cominciare a capirci qualcosa.

Non aveva più bisogno di respirare. Ma aveva sempre più bisogno di risposte. Più guardava, più si aprivano finestre.

Nel 2056, i due riprendevano la lotta contro il gruppo dei 13, avendo però la peggio. Daniel venne colpito da una sventagliata di mitra, mentre Vincent cadde nel flusso canalizzatore della macchina, non prima però di aver afferrato la scatola con le pistole.

- Le pistole... come faceva a sapere delle pistole?...-

Lo scienziato osservava stupito.

Il flusso catalizzatore in quache maniera si attivò sul DNA di Vincent e sulla cronostoria delle pistole, fondendo i due valori e portandolo direttamente al primo evento in cui Vincent fosse entrato in contatto con le stesse, vale a dire a quel 2011 sulla riva del fiume Nera.

Possiamo dire che in quel giorno di giugno 2011 la realtà andò in frantumi.


IX.

Quando che fu quasi a 100 finestre aperte innanzia se, infine riuscì quasi a farsi un'idea precisa di quale fosse realmente la sua storia. La sua realtà. E si rese anche conto che più andava avanti a controllare le storie dei Daniel, più i Daniel, di qualunque lineaa temporale essi fossero, morivano in modi simili a quello in cui era morto lui.

..era morto? Almeno così sembrava, a vedere la ricostruzione della sua storia. Eppure, eppure...eppure lui era qua. A rivedere la sua vita, e tutte le infinite vite che avrebbe potuto avere. Ogni volta che una di esse terminava, di fronte ai suoi occhi, la sua mente si arricchiva dei ricordi del se stesso che era appena morto. No, non è esatto. Lui stesso diventava QUEL se stesso. O meglio, diventava ANCHE quel se stesso.

Era un crocevia. Per quante versioni della sua vita potessero essere mai esistite, confluivano tutte lì. Tutte quante quelle vite erano le sue. Una per una, poteva riassaporarle, riviverle, rimpiangerle.

Mille vite, un solo presente. E per quanto continuasse a dare un senso logico alla cosa, alla fine sembrava che la sua presenza nel tessuto temporale creasse solo problemi. Non erano le realtà ad essere molteplici, era LA realtà a cambiare continuamente forma attorno a lui, perchè comunque la guardasse, la sua storia funzionava solo se si prendevano in considerazione tutte le sue linee temporali. Sembrava che alcuni futuri lo fossero di passati che non appartenevano alla linea temporale di quel preciso futuro, mentre alcuni passati erano la conseguenze di scelte future fatte da altre versioni di se stesso.

E sentiva che la sua storia avrebbe continuato a cambiare, sempre, sempre e sempre. Era doloroso, ed anche infunzionale. Molte finestre si chiudevano improvvisamente attorno a se semplicemente perchè la realtà, dopo la sua assenza, collassava, come se esistesse solo perché essa potesse essere portata a termine. Altre invece resistevano, per collassare poi magari più avanti, quando il castello di carte creato dalla sua esistenza non aveva più modo di funzionare.

Altre invece continuavano e basta. E forse erano semplicemente le peggiori. Portavano a futuri distropici in cui, in periodi diversi a seconda dei casi, prima o poi scoppiava una guerra terrificante contro un nemico che non era per niente chiaro chi fosse, ma che era stato portato lì dalla discordanza temporale. Lui combatteva in tutte le versioni della guerra.

In alcune, invece, la guerra era preceduta da un periodo di guerre civili e di feroci sconvolgimenti sociali che avevano avuto inizio nel 2004, con le elezioni americane, prima della definitiva sconfitta degli Stati Uniti. Queste elezioni avevano avuto come punto fermo la questione della sicurezza, che sapiamo bene poi dove ha portato. L'esasperazione di questa visione avrebbe portato, l'anno successivo, allo scoppio della guerra civile negli Stati Uniti, combattuta tra le grandi città e le forze rurali.

Questa guerra raggiunse proporzioni talmente vaste da costringere la Russia ad intervenire per fermarla, nel 2015, con il lancio delle bombe atomiche sulle princpali sittà statunitensi. Per rappresaglia, nel contesto della mutua assicurata distuzione (il MAD), le maggiori città europee, africane ed australiane vennero nuclearizzate. Circa tre miliardi di persone avrebbero perso la vita in tutto il mondo.

Dopo la guerra, gli stati uniti vennero divisi in cinque stati, con una società totalmente decentralizzata. In fin dei conti, dopo di essa il mondo sembrava uno scenario decisamente migliore, ma a che prezzo!...ed a che prezzo per le generazioni future...

Tutto questo gli ricordava qualcosa, comunque. Ma non riusciva a focalizzare cosa.

In un modo o nell'altro, comunque, la guerra (l'una o l'altra) sembrava inevitabile. C'era un modo per cambiare qualcosa, si chiedeva?

Aveva la testa pesante e le idee confuse. Aveva bisogno di focalizzare, di concentrarsi.

Di pensare con la testa sgombra.

Guardò tra le finestre, allora, e cercò per una infinità di tempo, fino a che non la trovò.

Laura.

Istintivamente, prese la finestra che la conteneva e la trasse a se. Ci fu un lampo tremendo, e fu come se l'intero universo venisse ribaltato come un calzino.

Un urlo sordo e tremendo, e tutto tacque.

Laura ora era lì con lui, e la finestra dietro aveva cambiato colore. Ora era tutto grigio e congelato, nella realtà descritta in essa.

Attorno a loro, una infinità di finestre li circondavano, in modo che non fosse più possibile guardare oltre l'orizzonte.

Lui ora aveva esattamente l'aspetto che potesse permettere a lei di riconoscerlo.

- Daniel?-

- Ehm...ciao.-


X.

- Insomma, vuoi dirmi che ci sono infinite storie alternative per ognuno di noi...e che tu da qua le controlli tutte?-

- Si. No. No. Io non controllo proprio un bel niente. Faccio fatica a controllare i miei ricordi, ormai, figurati controllare le realtà...-

- Come hai fatto a cacciarti in questa situazione?-

- Sono queste pistole...credo.- le mostrò un pezzo di quel che rimaneva, almeno. - Pare che in esse sia custodita una tecnologia che permette il controllo del flusso temporale...ed ha permesso a me di uscirne.-

- E a me.-

- No. Sono io che ti ho trascinato qua. Si, indirettamente è grazie alle pistole, ma sono io che ti ho voluta qua.-

- Perchè?-

- Tu mi aiuti a ragionare. A pensare.-

- Come?-

La guardò dritta negli occhi.

- Non lo so. Ma in te trovo la concentrazione che normalmente non ho. Già ora che sei qua, riesco per filo e per segno a capire come devo correggere la storia.-

- Correggere la storia?-

Daniel indicò in alto, le infinite finestre che aveva aperto. Ormai erano dentro un enorme cilondro di storie. Ognuna di esse faceva rumore, c'era vociare, chiasso, avvenimenti. Tutti con le medesime situazioni, tutti risultanti diversi ad ogni istante che trascorreva.

- Guarda. E' tutto confuso. Io rappresento evidentemente un errore, ma a quanto pare non sono l'unico. Ne ho già individuati almeno un altro centinaio.-

- Non capisco.-

- La storia è probabilmente imperniata di errori di questo genere. Realtà alterative che si sovrappongono, viaggi nel tempo (soprattutto quelli dovrebbero essere assolutamete vietati), sconvolgimenti cosmici...ogni volta che qualcuno si sposta nel tempo cambia praticamente la storia. E fino a che questi cambiamenti avvengono solo attorno ad una persona, o un evento, insomma, fino a che sono circoscritti il tempo stesso riesce a gestirli...ma qua parliamo di un numero inverosimile di persone ed eventi che causano cambiamenti cronologici, a volte anche gli uni con gli altri...ora che sei qua, Laura, vedo le cose con una chiarezza devastante...vedo lo spazio tempo, ormai ridotto ad un colabrodo, prossimo a crollare. E ora capisco cos'è la guerra che vedo in quei tutte le realtà. E' la fine, la fine di tutto. Dopo di essa, più nulla.-

- Quella guerra in cui combatti sempre.-

- Si. Forse posso evitarlo...forse posso mettere a posto tutto il tessuto spazio temporale. Ci vorrà tempo, ma...-

- Quanto?-

- Io..oh, io non lo so.-

- E come pensi di fare?-

- Laura, non capisci? Mi sposterò nei vari tempi e comincerò a correggere tutte le asincronie, riallineerò tutto. A partire dalla mia storia. Al darmi un unico senso logico per cui io mi trovi qua, ora.-

- Tu puoi spostarti nel tempo?-

- Oh...-

- No, eh? Puoi solo vederlo.-

- Però ti ho portata qua.-

- E se non ho capito male, la mia collocazione temporale è congelata nella storia. Così, per sapere...sei capace di riportarmi a casa?-

- Uh...-

- Lo immaginavo...-, disse Laura, coprendosi la faccia con il palmo della mano e scuotendo la testa.

Tirò un sospiro, e si sentì male.

-Accidenti, dovevo avvisarti.- la strinse a te - Calmati. Calmati. E' colpa mia, non te l'ho detto. Pare che qua non ci sia aria. Ma non è un problema per noi, perchè...insomma, qua non abbiamo bisogno di respitare. Hai capito? Ora calmati, ti renderai conto che è così..del resto l'hai fatto fino ad ora. mi hai capito? MI HAI CAPITO?-

- S-si...-

- Ora ti lascio. Sei in te?...-

- Credo di si...-

Impiegò in effetti molto meno di quanto aveva impiegato lui ad abituarsi. Forse perchè era una donna. Forse perchè gliel'aveva spiegato lui. O forse perchè Daniel in fin dei conti era un imbranato.

ERA.

- Ok, Daniel...ora...ora lasciami lavorare.-

-Eh?...-


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