sabato 4 agosto 2012

CAPITOLO 6 - seconda parte

Ed ecco qua. Ecco cosa aveva il sesto capitolo di così particolare rispetto agli altri: non si ferma al decimo paragrafo, ma prosegue qua (seconda parte) fino ad un ventesimo, e incredibilmente, prosegue anche in una terza parte.

Come ho già detto, era un capitolo troppo particolare, che conserva praticamente il corpo del romanzo e getta le basi per la sua evoluzione.

Ero partito dall'idea che questo romanzo sarebbe stato di 100 pagine, ma a questo punto ipotizzo che possa essere qualche cosina di più.

Ricordo che se volete (ri)leggerlo tutto potete andare qua. E che se passate a mettere un "mi piace" alla pagina di FB o se vi registrate qua al blog (o tutti e due) non mi fa che piacere.

Segnalo inoltre che, una volta conclusa la stesura della storia, probabilmente realizzerò il libro del romanzo, in versione ebook, gratuito, e versione cartacea, a pagamento, per chiunque possa esserne interessato, nella speranza che questo possa farlo circolare il più possibile. Seguiranno chiarimenti.

Buona lettura!




XI.

Alla fine, venne fuori che Laura era un autentico genio. Sarà stata la sua giovane età (ma alla fin fine anche Daniel, tra le altre, l'aveva), oppure, come già detto, il suo esser donna. Ma era un genio. Con metodo empirico, comprese che lei poteva tornare al suo luogo d'origine, esattamente nel momento in cui ne era scomparsa. Ma che non poteva andare da nessun'altra parte, né lei né Daniel. Era come se lei, lì, non fosse altro che una proiezione, una istanza, della se stessa che si vedeva nella finestra. Ma nulla di più.

Naturalmente si fece riportare subito lì da Daniel, dopo l'esperimento. Era conscia del fatto di essere prigioniera, lì, in fin dei conti, ma era seriamente incuriosita da tutta questa situazione.

Daniel invece non poteva andare da nessuna parte. Lui apparteneva a quel posto, ormai. Probabilmente poteva portare lì altre persone, ma Laura glielo sconsigliò. Disse che avrebbe aumentato ancora di più la confusione generale, e Daniel fu d'accordo.

Spostando più e più volte le finestre, prendendo appunti su appunti, e incastrandole come una sorta di complicato domino temporale, infine giunsero ad una sorta di cronostoria sensata di quello che era accaduto perchè lui fosse arrivato lì. Quella doveva essere la sua storia definitiva. Doveva trovare il modo di renderla effettiva, perchè lì funzionava tutto. O quasi.

Da bambini ricevettero le pistole dal Vincent anziano, che era tornato indietro dal 2056. Le nascosero, e nel 2016 dovettero tornare a riprenderle, perchè costretti per ricatto dal gruppo dei 13, probabilmente. Nessuno spazio in questa continuità per la presenza di Nadia, che sparì molto facilmente dal presente continuum, probabilmente perchè la cronostoria che giustificava la sua presenza lì era ormai diventata infinitamente debole, impossibilitata a tenersi ancora in piedi.

Fu profondamente in dubbio, invece, sul cosa fare per Samantha. Viveva, nel 2016, per spezzargli il cuore nel 2035, o moriva invece lì, condannandolo ad una vita di dolore e confusione?

E soprattutto, cosa faceva più differenza per lui? In una parte del suo cervello sapeva che avrebbe sofferto infinitamente di meno se fosse morta, invece di lasciarlo. In un'altra parte della sua mente sapeva perfettamete che se Samantha ci fosse stata non avrebbe mai permesso che potesse capitare qualcosa di male alla sua vita, e che lei quindi non se ne sarebbe mai andata.

Quello che sarebbero state le cose in realtà ce l'aveva chiaramente innanzi agli occhi, ma i suoi ricordi erano ugualmente quelli di più linee temporali diverse. E quindi discordanti, e quindi portanti a personalità risultanti completamente diverse.

Pensò di aspettare, a decidere. Anche perchè pareva chiaramente che nessuna delle due realtà riuscisse a prendere il sopravvento sull'altra.

Era anche combattuto da un'altro dubbio. Lui era morto nel 2016, quindi? Quanto aveva contato per lui, Samantha? Quanto avrebbe poi cambiato nella sua personalità se lui fosse morto poco dopo di lei...oppure poco dopo la sua sopravvivenza? E poi, come poteva essere morto nel 2016, se aveva lì anche la sua instanza del 2041, che era fondamentale per ricostruire l'andamento delle cose?

In fin dei conti, per il momento era lì per rimettere a posto l'evento che l'aveva portato ad essere lì. Era probabilmente l'ultima possibilità della sua esistenza di mettere a posto le cose, e voleva assolutamente evitare il rischio che essa diventasse debole e che la realtà che lo vedeva lì sparisse di colpo.

Comunque fossero andate le cose, ad ogni modo, nel 2041 Daniel era un depresso frustrato. E di questo, probabilmente, la storia aveva bisogno. In qualche modo, comunque, una decina di anni prima aveva conosciuto Laura (era assolutamente necessario che ella fosse inserita nel continuum che stava cercando di creare, ed anhe questo interferiva con l'anno della sua morte...a meno che non avesse trovato un escamotage), e quando si era ritrovato in quel..in quel posto, per l'appunto, l'aveva attirata a se, come realmente ha fatto, perchè potesse aiutarlo.

Cercò di mantenere inalterata il più possibile la cronostoria di Laura, per quanto possibile. Modificava magari piccole porzioni di mondo attorno a se, ma non lasciava mai che esse entrassero nella sua sfera d'influenza, modificandone conoscenza, personalità e carattere.

In un modo o nell'altro, fino a quel punto la ricostruzione funzionava. Solo che per continuare a funzionare c'era per forza bisogno di un collasso temporale, che permettesse l'incontro dei Vincent e Daniel del 2016 con quelli del 2041. Riosservarono la storia sui loro visori, accorgendosi di come essi infine, sistemassero automaticamente le cose. Quando il Daniel del 2016 sparò, la pistola gli esplose in faccia e lui si ritrovò lì, come esattamente è stato. Dopodichè si aprì il portale del 2056 (a questo punto alternativo, dato che v'era anche Daniel) e Vincent ed i 13 osservarono il combattimento, e come Vincent rubava le pistole per portarle a se stesso e suo cugino nel 2016. Tutto tornava, se si accettava il fatto che a compiere questo viaggio dal 2041 verso l'incontro con il 2016 era stata una versione alternativa di se stesso.

Tutto tornava, se non fosse per quello che sarebbe seguito.

Nel 2056, in una cronistoria distorta, il Vincent del 2016 e quello del 2041 che guardavano attraverso il fiocco di neve di luce videro Daniel rialzarsi dalla sferzata di mitra ed estrarre la pistola. Rideva, e diceva ai 13 che il cugino aveva consegnato le pistole a loro stessi. E che ovviamente, avendo visto come sarebbero andate le cose, da parecchio -alzò la maglia per mostrare il kevlar- andava in giro con un giubbotto antiproiettile. Detto questo, puntò la sua pistola e fece fuori tutto il gruppo dei 13.


XII.

Tutto tornava, allora? No. Perchè per essere ancora vivo, Daniel, ed aver visto tutto questo dal visore a fiocco di neve che si era formato nel tempo fittizio tra il 2016 ed il 2041, egli doveva essere sopravvissuto. E nessuna versione alternativa accettava più questa ipotesi, pena il crollo della realtà che si stava venendo a creare.

Decine di migliaia delle nuove finestre che i due avevano fatto per generare questa ricerca si chiusero all'istante. Sempicemente, Daniel moriva in quel tempo zero, punto. Non esisteva più presupposto per cui sopravvivesse (anche perchè era l'elemento cardine per cui lui si trovava lì).

E improvvisamente comprese quando sarebbe stato difficile rimettere in sesto la sua storia. A tempo zero, i due Vincent si voltarono verso i loro aggressori, puntando le famose pistole.

- Allora. Abbiamo visto tutti come va a finire.-, disse il Vincent quindicenne.

- Possiamo aspettare che accada nel futuro, oppure possiamo farlo adesso.-, disse il Vincent quarantenne.

Ci fu un lungo, lunghissimo attimo di silenzio. Poi quella che doveva essere il comandante del gruppo intimò agli altri di abbassare le armi.

- State giocando con qualcosa di troppo...estremamente..pericoloso. Uno strumento del genere non dovrebbe trovarsi nelle mani di una sola persona.-

- Sono d'accordo.-, disse il Vincent quarantenne - E in qualche modo troveremo una soluzione. Ma di certo non possono, e non devono stare in mano a voi.-

Il quindicenne si voltò verso l'altro.

- Ma tu sai chi sono?-

Lo sapeva. Lo sapeva perchè dopo la scomparsa di Nadia, comunque sia accaduta, aveva passato i successivi cinque anni della sua vita a comprendere chi aveva di fronte, ed i restanti a tenerli d'occhio.

Sapeva perfettamente chi erano i 13.

Solo che ora Nadia non c'era mai stata, in quel periodo della sua vita. Sebbene poi ci sarebbe entrata comunque, il Vincent quindicenne non aveva nemmeno la più pallida idea di chi fosse.

Daniel rimase molto colpito dal fatto che il Vincent del 2041 conosceva ugualmente i 13, anche se non c'era stata la storia di Nadia. Osservò quindi la sua cronostoria nel complesso, e scoprì che in fin dei conti il tempo ha i suoi modi per far tornare comunque le cose, quando questi non sono degli evidenti paradossi.

E ora, purtroppo, stava per assistere ad uno di essi.

Il vincent quarantenne spiegò al se stesso quindicenne chi erano i 13, infatti.

- Vedo che si è documentato bene, signor de Ville.-, disse il capo dei 13.

- Almeno quanto voi. Non siete gli unici a poter sapere tutto di tutti.-

- Un problema cui dovremo porre rimedio, in qualche modo.-

- Provateci. Non ci è ancora riuscito nessuno.-

- Ci rivedremo, signor de Ville.-

- Certo. Non ne dubito.-

I tredici indietreggiarono, e lentamente, se ne andarono.

Una volta certi di esser rimasti soli, i due Vincent si guardarono e tirarono un sospiro.

- Credo che dovremmo dirci parecchie cose, io e te...-, disse il quindicenne.

- C'è poco da Dire. Daniel è morto. Per te poco fa, per me tanti anni fa. Tutto quello che tu potrai dirmi, fa parte dei miei ricordi. E credimi, non ci siamo detti niente di interessante.-

- Daniel è morto sul serio? Non c'è nulla che possiamo fare per lui?-

- Io non l'ho mai più rivisto, se è quello che mi stai chiedendo.-

Guardadono nel visore nel cristallo di neve di luce, l'unico Daniel ancora vivo, a saper loro.

- E lui, allora?-

- Non so che dirti. Un'altra realtà, probabilmente. Qualcosa che comunque non fa parte della nostra storia. Almeno, credo che sia così. Come ti ho già detto, non l'ho mai più rivisto.-

- Lui non è il nostro Daniel?-

- No, non credo.-

Si sbagliavano. Ora Daniel lo sapeva. Qualunque istanza di noi stessi fosse presente nello spazio e nel tempo, i ricordi potevano essere distinti, ma l'individuo era unico. Non erano copie, erano istanze. Alla fine si sarebbero riunite tutte.


XIII.

Guardarono le loro pistole, e decisero che non era il caso di continuare a conservarle.

- E' tutto causa di queste, vero?-

- Credo proprio di si. Credo sia il caso di metterle via. Prima o poi, in una qualche realtà nel 2056 serviranno a...bhe, LORO le riprenderanno, chiudendo questo circolo vizioso.-

- Tu l'hai scoperto, cosa sono queste pistole?-

- No. Ma continuo a cercare.-

- Capisco...ma comunque, fino a che questa storia non finisce, non smetteranno di funzionare, no? Tu devi tornare nel tuo tempo...-

-E tu nel tuo. Si.-

Era curioso come per entrambi quel tempo zero fosse il loro tempo d'origine. Comunque, guardarono le pistole per un'ultima volta, poi le riposero nella scatola. Due pistole erano, due pistole sarebbero state. Erano due istanze della stessa, ma poco cambiava, a questo punto.

Non appena chiusero le scatole, ognuno dei due sparì per l'altro.

Il Vincent quarantenne era lì, di fronte alla scatola, a chiedersi cosa sperava di ottenere, tornando a rivedere le pistole. Daniel era morto, punto. 25 anni prima. Si accasciò al suolo, spirò e scomparve. Dopo si aprì il varco che mostrava i due cugini alternativi appropriarsi per la prima volta delle pistole, e per la prima volta, chiudere il cerchio. Questa era una storia che era iniziata in una realtà alternativa e che in essa sarebbe finita.

Era venuto per veder le pistole, ecco tutto. Era un modo per risalutare il cugino a 25 anni dalla sua morte. Aveva scostato i mattoni, le aveva tirate fuori, e le aveva osservate. E questo era tutto.

Ora le avrebbe riposte al loro posto, dove sarebbero probabilmente rimaste per sempre.


Ed è esattamente quello che pensava 25 anni prima, non appena ebbe a riporre le pistole. Si stupì di essere riuscito ad affrontare da solo il gruppo dei 13, che ancora non sapeva chi fosse e che comunque nemmeno sapeva si chiamasse così. Per un attimo gli parve di ricordare che qualcuno glielo avesse spiegato, ma il falso ricordo si perse istantaneamente nei recessi dei sogni.

Solo una cosa non riusciva a comprendere. Stava per rimettere a posto una scatola con DUE pistole. Solo che lui aveva appena visto una delle due esplodere in faccia al cugino. L'unica altra rimasta era sempre stata in mano a lui.

Come potevano essercene di nuovo due?


Si rispose che non avrebbe dovuto pensarci più di tanto. Questa storia aveva solo portato alla morte (scomparsa?) di SUO CUGINO. Per il resto, non era nemmeno una storia sua, come dimostrava chiaramente quello che aveva visto nel cristallo di neve fatto di luce.

Ripose la scatola al suo posto, e chiuse il passaggio. Poi fece due passi sul terrazzo della rocca, ed ammirò per l'ultima volta lo splendido paesaggio.

Si disse che qua si stava bene, in fondo. Che avrebbe preferito morire piuttosto di non poterlo rivedere almeno una volta ancora nella sua vita. E che suo cugino gli sarebbe mancato davvero tanto.

Ma era in viaggio, ora, di nascosto, in incognito, e aveva lavorato troppo per far perdere le proprie tracce al mondo, e non poteva nemmeno permettersi di far sapere a sua zia che Daniel non c'era più.

Guardò anzi giù, e persò che l'Harley non andava più bene. L'avevano vista in troppi, ormai, qua, in troppi sarebbero stati in grado di ricondurla a lui. Come stava facendo da mesi: ogni cento chilometri era il momento di cambiare mezzo.

La nascose, quindi, e rubò un'altra auto, con la quale riprese a dirigersi verso sud.

Questi ricordi sarebbero poi stati cancellati dall'amnesia, quella che gli copriva tutto quello che andava dai 14 ai 24 anni. Ma sarebbe venuto il momento di ricordare, anche poco alla volta.

Non è vero che il tempo aggiusta tutto. Non è vero MAI. Alla fine il tempo torna fuori.


XIV.

Daniel osservava preoccupato. Era bastato che i due Vincent lasciassero le pistole, perchè la realtà che avevano appena creato si cancellasse, generandone una invece uniforme. Allora, cosa sarebbe successa a quella del 2056?

Seguì quindi il corso degli eventi, arrivando con orrore a scoprire che tutto si sarebbe svolto in maniera completamente diversa.

Talmente tanto diversa da cancellare il senso di quello che poi sarebbe accaduto. Vincent inteveniva con la sua pistola nel laboratorio dello scienziato, da solo perchè Daniel non c'era più (il tempo aveva ormai uniformato tutto), e da solo avrebbe affrontato i 13, con uno scontro a fuoco cruentissimo.

Non ci sarebbe infine stato nessun viaggio nel tempo.


XV.

Ma questo faceva collassare tutta la realtà che aveva ricostruito. Compreso il fatto che lui si trovasse lì, perchè così la pistola non gli sarebbe esplosa in faccia e lui non si ritrovò in quel posto senza tempo.

Una nuova realtà si sovrappose a quella ce lo voleva lì: nel 2011 i due bambini non ebbero le pistole, nel 2016 non affrontarono i 13 e quindi Daniel non si ritrovò lì, non avendo neppure la possibilità di ricostruire la sua realtà definitiva. Nel 2035 Daniel e Samantha si separarono, gettando nello sconforto le vite di entrambi (curioso che in questa nuova linea temporale non vi fosse traccia dello zombi). Nel 2041 non accadde assolutamente nulla di sensibile per la nostra storia, e nel 2056 lo scienziato tenterà, da solo, di far funzionare la sua macchina del tempo. I 13 se ne approprieranno, e progetto e macchina resteranno nei loro archivi per quasi 134 anni, quando un altro studioso, finalmente, non trovò il modo di farla funzionare.

Per la cronaca, Vincent ebbe a che fare con i 13 ugualmente, nel corso della sua esistenza, ma per ben altri motivi, mentre Daniel morì di infarto, come già visto, il 21 gennaio 2060, all'età di 59 anni.


Daniel ora si sentiva debolissimo. Quasi crollò a terra, se non fosse stato per Laura.

- Dan!-

-Laura...sto...sto male...mi sento debole...-

- Stai collassando. La nuova realtà ha decretato che non puoi esistere qua.-

-Ma...ma tu non stai male...come mai?...-

- Non lo so, ma ci penseremo poi. Ora ascoltami. Ascoltami attentamente. Tu esisti. Sei qua. Sei forte. Ci deve pur essere un motivo per cui sei qua! Concentrati! Tu sei vero!..-

Daniel guardò negli occhi Laura, e per un istante credete di vedere Samantha.

- Sa..Saman..-

- No, Daniel, sono Laura! Laura!!-

- Laura...-

Daniel stava invecchiando. Le rughe umentavano, i capelli e la barba crescevano, la vista si faceva stanca. La pancia flaccida, e la pelle iniziava a cambiare colore. Si stava anche stempiando.

- Laura! Sono Laura. Mi capisci?-

- Laura...si...si.-

Tossì.

- Mettimi a sedere, Laura, per favore. Ho bisogno di raccogliere le idee.-

Lei lo accontentò.

- Sono...sono molto stanco, Laura...e non ci vedo più molto bene..- gli occhi sembravano quasi del tutto spenti e barba e capelli erano ormai grigi. - Puoi avvicinarmi quella finestra, per favore? Devo capire...-

Assieme, guardarono quello che ancora il visore aveva da mostrargli.

- Cosa vuoi vedere? Cosa cerchi?-

- Se...se tutto quello che abbiamo visto è giusto, la storia ha cancellato la mia presenza...niente più interferenze temporali, niente più...- tossì ancora -...niente più danni strutturali.-

- Cosa? Vuoi dire che- -Che potrebbe essere meglio così, si...-

- MA COSì MORIRAI!-

- Sono morto lo stesso, no?...-

- No! Tu sei qua, e sei reale!-

- Chi può dire cosa sia la morte, Laura?..la non esistenza, l'oblio, la soddisfazione...la paura, il tentativo di mettere le cose a posto...-

Laura comprese. Non solo esterirmente, era invecchiato l'amico. Non solo esteriormente.


XVI.

In alto, la confusione aumentava. Sempre più finestre si aprivano, incontrollate, sempre più caotiche.

- Sta succedendo qualcosa...-

- Riesci ancora a vedere la struttura del tempo, Daniel?-

- Si...ed è peggiorata. Non so perchè, ma ora la guerra si è avvicinata. E sembra molto più inarrestabile di prima...-

- LO SO IO IL PERCHE'! GUARDA!-

Analizzando il loro fiocco di neve, videro che, come già detto, nel 2190 uno scienziato del gruppo dei 13 riuscì finalmente a far funzionare la macchina. Apportò un sacco di modifiche personali al progetto originale, e infine, nel 2200, la macchina aprì il suo primo varco temporale: verso il 1740.


Ora, caso volle che questo scienziato fosse una mela marcia dei 13, e fosse completamente in disaccordo con i loro ideali. Era però anche una persona pratica: accettò di entrare a far parte della grande famiglia dei 13 perchè pagavano, e pagavano bene. In un mondo dove l'assoluta povertà era diffusa nel 90% dell'intera popolazione mondiale, la scelta era sempre quella: vendersi o morire. In più, con loro era possibile continuare a fare ricerca: ai 13 le possibilità non mancavano di certo.

A quell'epoca, di fatto, le uniche superpotenze rimaste al mondo erano i 13 e l'immenso impero dei Max. Alla fine erano riusciti a far fuori tutto il resto, e di fatto l'impero dei Max era l'unica cosa che impedisse al mondo di finire interamente sotto il giogo dei 13. Assieme riuscivano a garantire una vita semidecente a circa il 9,8 % della popolazione. Il 3% grazie ai Max, il restante grazie ai 13 (lo 0,2% circa, vale a dire non più di 30 milioni di persone, rappresentavano gli esponenti finali della casta dei 13: gli unici sul pianeta a vivere assolutamente senza nessun tipo di problema). Il 90% della popolazione viveva nell'indigenza più assoluta, e si era tornati al concetto di proletariato. Proletariato ultrasfruttato. E proprio perchè il proletariato aveva ripreso vigore, che questa situazione era ormai incontrollabile: di fatto, l'unica possibilità di una restaurazione di una qualunque sorta di civiltà sarebbe stata una drastica riduzione della popolazione (cosa che per altro sarebbe stato saggio fare sin dagli anni '80 del secolo precedente), togliendo scelta nella forza lavoro di chi il lavoro ancora poteva offrirlo, e cominciando a ristabilire dei diritti civili. Decisamente, 16 miliardi di esseri umani erano troppi. Tra l'altro, l'indigenza aveva riportato almeno il 70% di essi ad una vita similmedievale. Non è da escludere che in alcuni punti del pianeta, tra i più reconditi, fosse ormai regredita a poco sopra l'esistenza animale.

Situazione, si diceva, incontrollabile. Per la verità era assolutamente controllata dalla casta dei 13, che con il tempo era riuscita a raggiungere precisamente il tipo di pianeta ideale: quello dove pochi governanti regnavano, sopra le masse di popoli buoi che mai avrebbero capito la differenza tra i nobili regnanti e, appunto, loro stessi. Poco importa se al di fuori di certe determinate cercie si moriva, di disperazione, di stenti, di inedia: era il popolo che aveva voluto questo, e aveva ottenuto quello che aveva voluto. Quanto era stato facile, da un certo punto in poi, controllare le scelte di masse intere, convinte, con scioperi, manifestazioni, cambiamenti, richieste (oh, la politica era stata l'arma maggiore: se il popolo avesse conservato il concetto francese della ghigliottina non sarebbero di certo giunti a questo punto. Invece l'uomo della strada continuava a crederci, contava sulla politica, sulle scelte, su persone che credeva di mandar su e che mai, mai e poi MAI avrebbe fatto i suoi interessi. Nessun politico avrebbe MAI fatto gli interessi del popolo se avesse guadagnato un solo centesimo in più del più povero dei suoi cittadini. E questa sarebbe stata la prima cosa da decidere dopo una eventuale ricoluzione che, ahimè, mai vi fu), di contare qualcosa. In realtà ogni crescita di interesse del cittadino verso qualunque scelta politica null'altro faceva che siglare il proprio destino di carne da macello.

In effetti, alla fine il popolo aveva vinto: aveva ottenuto esattamente quello che aveva chiesto. Solo che il popolo non è mai stato abbastanza accorto o lungimirante, o anche solo un briciolo cosciente, da comprendere davvero cosa stava chiedendo.

Quando è stata impiantata la prima centrale nucleare, un popolo attento e informato avrebbe dovuto non scendere in piazza, ma salire nei centri nevralgici e tagliare le teste di chi aveva preso simili decisioni (fermo restando poi lo spengimento della centrale); quando si è deciso di tagliare fondi alla cultura ed alla crescita per investire sulle milizie, bisognava fare la stessa cosa. Idem quando si è lasciato che le banche potessero prestare denaro a interessi stratosferici. Ma già quando abbiamo lasciato che nascesse la valuta, anche quello era un bel momento per mandare qualcuno al rogo. O quando è iniziata la rivoluzione industriale, ad esempio...E i giudici dovrebbero essere sempre popolari, non della casta. Nel momento in cui la legge è passata nella mani del denaro, delle valute (da stare molto attenti a non confondere con i valori), il mondo è stato condannato.

Il che probabilmente è coinciso con la nascita della politica, e più precisamente della democrazia. Ecco, quella si che fu l'inculata più grande. Ammesso che una vera democrazia sia mai esistita, il popolo per poter scegliere e giudicare deve prima avere i mezzi per informarsi e conoscere.

E fino a che l'infomazione, come se fosse acqua, si plasmerà secondo la forma della ricchezza che la conterrà, ecco, il popolo continuerà a fare scelte volute da altri pensando che fossero sue.

Questa era la situazione nel 2190. Si, esisteva una sacca di resistenza che aveva impedito al mondo di precipitare nell'ultima spira dell'abisso, grazie all'impero dei Max...ma quanto avrebbero resistito, in fin dei conti? E che differenza facevano? L'unica cosa che potevano ancora offrire era un misero barlume di speranza.

E nella speranza, comunque, quello scienziato era cresciuto, pur vendendosi al male.

E adesso aveva la possibilità di fare la differenza.


XVII.

Lo scienziato che nel 2190 riuscì a rimettere in moto la macchina si chiamava Precius Zimmerman. Era nato in una delle tante famiglie ai margini della periferia sud continentale nella Nuova Germania, a Brighton. Come tutte quelle famiglie, vivevano anch'essi di stenti. Ovviamente la scuola gli era preclusa sin dalla nascita, ed a otto anni cominciò a lavorare alla presse energetiche.

Ciò nonostante, qui trovò qualcuno che gli insegnò a leggere. E da quel momento la sua insaziabile curiosità trovo sempre il modo di essere colmata: se c'era qualcosa che il tempo era riuscito -per il momento- a risparmiare erano i libri. Vecchi libri cartacei, stampati in decine (a volte centinaia) di migliaia di copie, almeno fino agli anni '80 del secolo precedente, accumulti nelle soffitte, in quel che restava delle librerie, nelle vecchissime collezioni dei nonni. Talvolta anche nelle biblioteche (alcune erano sopravvissute). Con qualche stratagemma, capitava che riusciva ad infilarcisi. E quando scoprivano il suo ceto sociale (ormai arrivato al paragone di casta inferiore), spesso vecchie bibliotecarie occhialute non avevano cuore di staccarlo da quelle montagne di vecchi libri polverosi.

Anche perchè ancor più spesso era probabilmente l'unico frequentatore da anni. Quando cose del genere accadevano, le biblioteche erano nulla di più che un hobby, per cetali della piccola borghesia che potevano permettersi di spendere tempo e denaro per un passatempo inutile, comunque come tutti gli altri passatempo.

Il bambino crebbe e sviluppò conoscenze ed intelligenze superiori. Continuava a lavorare alla presse energetiche 14 ore al giorno, ma trovava empre il tempo di dedicarne almeno 3 o 4 allo studio. Tanto, per mangiare non serviva poi tutto questo tempo: anzi, sarebbe stato molto strano se il desinare avesse portato via più di qualche minuto al giorno, tanto era poco. E il resto del tempo lo trascorreva a dormire.

Così facendo, a 15 anni ebbe un'idea per modificare la pressa energetica ove lavorava. Venne ascoltato, le modifiche apportate, e lui promosso al rango superiore. Questo gli permise di avere almeno 2 ore in più libere al giorno da dedicare allo studio e di restituire una vita quantomeno sana ai suoi genitori ed i 12 fratelli.

Più passavano gli anni, più modifiche riusciva a proporre alla pompa energetica: tanto che allo scoccare dei suoi vent'anni questa era quella che produceva più energia in assoluto in tutta l'isola e lui era praticamente una celebrità nel mondo industriale. Venne invitato ad occuparsi anche delle altre pompe, e gli furono sottoposte decine e decine di nuove richieste, alle quali lavorò alacremente senza mai deludere le aspettative delle multinazionali.

Stava passando, e stava facendo passare, dall'altra parte della barricata lui e tutta la sua famiglia. Oh, non sarebbero mai stati dei benestanti. Ma quantomeno i figli dei suoi fratelli non avrebbero mai più dovuto preocuparsi di non avere nulla da mettere nella pancia.

Lui nel frattempo salì ancora, incarico dopo incarico, livello dopo livello, fino a che la sua strada non lo portò ad incontrare la famosa macchina del tempo che mai aveva funzionato.

Ci studiò sopra altri 10 anni, ed il 5 agosto 2190, proprio il giorno del suo compleanno, comprese per quale motivo la macchina non funzionava. Aveva 40 anni, e stava per cambiare tutto il destino dell'umanità.


XVIII.

Lo scienziato pensò che, volendo, avrebbe avuto la possibilità di riscrivere tutta la storia. Di far giungere immense quantità di guadagni nelle sue tasche, sotto falsi nomi, intestazioni di società, di fondi azionari...poteva intromettersi finalmente tra i dominatori del mondo. Di più: poteva evitare le guerre, almeno le più fondamentali (si chiese anche che effetto avrebbe avuto la modifica di imponenti eventi storici per la sua esistenza. Passò quindi una buona parte dei successivi dieci anni a progettare e costruire uno schermo protettivo dagli effetti cronotachionici, che avrebbe fatto di lui un flusso temporale a se stante. Non era certo il primo evento del genere nell'universo; talvolta questi capitano anche naturalmente. Ma era di certo il primo essere umano a chiamarsi fuori dal continuum dei suoi simili).

Ora, qualunque cosa avesse cambiato di sostanziale, non avrebbe mutato la sua esistenza, ma solo il corso degli eventi stesso. E questo evento, per primo, diede via al collasso della realtà. Non era l'unico motivo, ma la guerra finale iniziava ad esistere a causa di quello scienziato.

- Ho...bisogno di quello schermo...-, disse Daniel.

- Hai ragione.- disse Laura. - E hai bisogno anche di molto altro ancora.-, disse, sospirando in un sorriso.

Lo scienziato cominciò quindi ad investire in borsa. E sui cavalli, e sulle partite, su qualunque cosa la storia dimostrò si potesse dimostrare vittoriosa. Dopo anni di continui investimenti e spostamenti, era riuscito persino a spodestare i Rockfellers, e addirittura i Rothschild. Aveva prestato LUI i soldi alle potenze mondiali, stavolta, per farsi le guerre, e non richiese mai indietro i soldi, tranne quando gli stati in questione stavano usando il loro immenso potere economico per soggiogare le libertà degli altri. Ma quando faceva degli investimenti con dei ricavi, investiva tutto in oro e poi portava questo con se, nel suo nascondiglio che si era impiantato nel 1740, nascondendo il tutto nel suo immenso forziere che cominciò ad aprire solo quando dovette battere sul tempo quel cambiavalute di Francoforte (ma perchè i problemi del mondo venivano sempre dalle Germania? Se lo chiedeva in continuazione), tre anni dopo; situazione che agli occhi di chiunque riuscisse a comprendere la cronistoria dell'economia moderna rappresentava l'origine del male. La sua prossima mossa sarebbe stata quella di cancellare la seconda guerra moniale, con i suoi infiniti errori. Ma doveva andarci cauto. La guerra fredda non doveva essere cancellata, era stata troppo importante per lo sviluppo umano. Poi avrebbe cancellato la prima guerra mondiale, passando più e più volte sul medesimo evento, fino a che la storia non riuscisse a riappianare completamente l'interesse che aveva suscitato.


- Laura...- disse Daniel -...non mi abbandonare. Avrò davvero bisogno di te...-

- Sono qua, DAN.-

Si guardarono. Lo sguardo di lui era profondo come mille fini del mondo.

Lei non lo avrebbe lasciato MAI.

Ma per colpa dell'esistenza di Samantha, lui non ci avrebbe altrettanto mai creduto.


XVIII.

C'è poco da dire di Samantha. Come tutte le donne, all'inizio, era semplicemente stupenda. Una di quelle persone che ti fanno pensare che è venuto il momento di crescere, di di affrontare i proprio incubi giovanili, i proprio sogni, i propri orrori e di metterli da parte. Di capire chi sei davvero e predisporlo prechè possa essere compatibile con qualcun altro. QUEL qualcun altro. Che finalmente ti capisce, sembra che ti comprenda, sembra che ci sia sempre stato. E allora dov'era, se c'era sempre stato, perchè lui era cresciuto senza di te? Come aveva fatto? E come potrà mai fare se un giorno dovessi non esserci più?

E lo so che Samantha diceva, e avrebbe detto fino all'ultimo giorno che lo avrebbe fatto, che lei ci sarebbe sempre stata. Era una di quelle persone. Una di quelle persone che ci sono, che ci sono DAVVERO, che qualunque cosa accada tu sai, e saprai sempre, che non sarai mai solo. davvero, non sarai solo! DAVVERO! QUALUNQUE COSA ACCADA! CREDICI!

Ci stai credendo? Ci stai credendo davvero? Credici ancora un po', Credici ancora giusto il tempo per far arrivare il giorno in cui quando questa cosa non sarà più vera, genererà il danno peggiore possibile, che quando non ti dirà più che ci sarà sempre il cuore ti possa scoppiare in petto fino a non esserci più spazio per altro. Più spazio per un sentimento, più spazio per un sogno, più spazio per un futuro.

Samantha era questo. Un mostro? Una persona crudele? Una persona esasperata?

Samantha era solo una persona debole, e alla fine questo Daniel l'aveva capito bene.

Una persona debole che non aveva più niente da offrire, più niente dentro di se, più niente da raccontare. Convinta dal fascino di qualche altra realtà che potesse esserci fuori da lì, fuori da loro, e fuori da se stessa, qualche altra realtà che avrebbe potuto farla stare meglio.

Dopo aver passato una fetta di vita lunghissima a costruire qualcosa, di punto in bianco abbandonava tutto per...per una confusione, per una debolezza, per una realtà vuota, o un sogno senza senso che avrebbe solo contribuito a rovinare la vita a qualcun altro, dopo di lui.

Che è esattamente quello che fece.

Daniel soffrì orrendamente per questo. Possiamo dire apertamente che il suo cuore non resse al dolore, e cominciò a morire quel giorno di quella morte lenta che lo avrebbe colto soltanto 25 anni dopo.

Posiamo dire che Daniel non smise mai di amare Samantha, anche se lui non era effettivamente uno di quelli che lo diceva. Non smise quando lei non ci fu più, non smise quando cominciò a mostrare i primi sintomi di pazzia, non smise quando l'infarto lo colse e impiegò quasi 6 ore a morire.

Continuò ad amarla quasi esattamente quanto la odiava. La odiava perchè, per il suo modo di essere, di esistere, di soffrire il suo mal di vivere in maniera del tutto personale, mostrava un profonda egoismo che faceva tabula rasa di tutto quello che si trovava intorno. Non c'era spazio per i sentimenti e la sensibilità altrui. Samantha era una di quelle persone che era pronta a cancellarli, per il suo benessere...anche se questo altrui aveva costruito la sua intera esistenza attorno a lei.

Solo gli indaco più profondi avrebbero potuto comprendere a fondo questo concetto, probabilmente. Chiaramente, Daniel lo era; Samantha no.

La odiava, e la amava.

Questo pensava mentre moriva. Non un pensiero per la sua vecchia madre, non uno per i suoi pochi amici. Né per quello stronzo di suo cugino che non si faceva mai sentire.

No.

Pensava solo a quanto aveva amato, e auanto aveva odiato, quella tronza.

Ed a quanto era riuscita a rovinargli l'esistenza, dopo che lui l'aveva dedicata a lei.

E il Daniel che guardava tutto questo dalle finestre era tremendamente confuso.

Perchè mentre ricordava tutto questo, le mancava terribilmente. Da quando l'aveva persa durante quell'aggressione nel 2016.

E cos'è che voleva davvero, adesso? Di cosa aveva bisogno?...

Da lontano, dietro la macchina, nel silenzio, Laura lo osservava, e provava una profonda tristezza per lui. Per lei non c'erano dubbi: Samantha era morta nel 2016, punto. Riusciva solo lontanaemente ad immaginare come doveva sentirsi lui.

Ma in fondo sapeva benissimo di non poterci riuscire completamente.


XIX.

Le intenzioni dello scienziato, videro Laura e Daniel, erano nobili, i modi un po' meno. Lo scienziato aveva intenzione di creare un immenso impero finanziaro con il quale poter fermare, una volta per tutte, le assolute oligarchie presenti sulla terra. Era, in fin dei conti, un illuminato. Il problema era la legge ferrea dell'oligarchia.

La legge ferrea dell'oligarchia era una teoria del 1911. Essa dice che tutti i partiti politici si evolvono da una struttura democratica aperta alla base verso una struttura dominata da una oligarchia, vale a dire, cioè, da un numero ristretto di dirigenti. Questo, logicamente, ha a che vedere con la necessità di specializzazione, la quale purtroppo porta i partiti a strutturarsi in maniera burocratica, generando un (sempre più) ristretto numero di leader sempre più svincolati dal controllo dei militanti di base. Quindi con il tempo, qualunque ideologia di partenza, per quando buona, si "imborghesisce", allontanandosi dalle idee di partenza e trasformandosi in un'élite compatta dotata di spirito di corpo. Al contempo, con l'ascesa, ogni partito tende a moderare i propri obiettivi, poichè l'obiettivo fondamentale diventa la possibilità di sopravvivenza dell'organizzazione, e non più la realizzazione del suo programma. Questa teoria è praticamente confermata dalla progressiva spariione addirittura dei programmi politici dei partiti, trasformando le elezioni in nulla più che una semplice partita di campionato piuttosto che una lotta di classe.

La teoria possiede anche una critica sviluppata in tempi più recenti. Essa dice che
la base di un partito non gioca un ruolo del tutto passivo, in quanto anch'essa (e non solo i leaders) possiede risorse. Inoltre, secondo la critica, le ideologie non sono del tutto manipolabili: in virtù di questo concetto, quindi, gli obiettivi di un partito possono essere articolati e adattati alle mutate esigenze, ma non abbandonati del tutto.

Questa critica si basa però sul presupposto che i partiti possano essere basati su una reale democrazia e sull'onestà spirituale di chi li fonda e li governa, nonchè sul concetto che le ideologie non sono non solo manovrabili, ma nemmeno creabili ad hoc per ottenere l'esatto effetto contrario (come prima già dimostrato). Il concetto chiave inoltre è che la politica abbia una reale funzione di struttura piuttosto che di controllo e mantenimento di casta.

In base a queste assurdità, la critica è da ritenersi concettualemnte una puttanata.


Una puttanata che è però l'unica speranza che Daniel e Laura avevano ancora per sperare che il potere assoluto di cui si era preso carico lo scienziato, alfine, non lo corrompesse assolutamente.


XX.

La macchina del tempo di Lego, la cosidetta Lego Machine, aveva però un problema: non poteva essere spostata. Quantunque il viaggiatore si fosse spostato, ella sarebbe rimasta lì, ad aspettarlo, pronto al suo segnale di richiamo.

Questo portava al primo, grosso, problema da risolvere. Lui aveva costruito uno scudo per preservare la sua esistenza nel flusso temporale nel malaugurato caso in cui si fosse trovato in qualche modo ad attivare il paradosso del nonno. Lui era abbastanza preservato. Ma cosa sarebbe accaduto se in qualche modo il paradosso fosse arrivato a negare l'esistenza della macchina stessa? Qualunque suo tentativo, tutti questi sforzi, e tutti gli studi, sarebbero stati solamente fatica sprecata.

E poi c'era il secondo problema. Lui avrebbe lasciato la macchina qua, in balia dei 13, ma anche di qualunque altra cosa.

No, era troppo rischioso. Ecco perchè dopo una attentissima riflessione, dopo aver studiato un punto operativo nel 1740 per dare il via ai suoi piani, decise di trasferire in un punto preciso di un passato ancora più recondito, attorno all'anno mille, oltre a se stesso, tutta l'attrezzatura necessaria per costruire una nuova macchina del tempo. In un castello che riuscì a comprare con i primi investimenti temporali, attrezzò una autentica postazione di futuro: oltre alla Lego Machine, ricreò un acceleratore nucleare freddo, un pozzo di antimateria, un piccolo acceleratore di particelle, scudi deflettori statici e temporali, teletrasporto e schermi per l'invisibilità. Si trovava a Wroxeter nel Galles, a fianco alle antiche rovine di Viroconium, quello che era stato il quarto insediamento romano più grande in Brettagna.

La presenza di questo particolare regno "magico" avrebbe generato tante di quelle incongruenze da pensare che avrebbe dovuto essere cancellato subito. Quando Daniel lo scoprì, invece, fu una di quelle cose che lo spinsero a pensare che alcune incongruenze sono assolutamente necessarie al corretto svolgimento della volta temporale. Proprio pensando a quel castello, decise in futuro di organizzare anche un potentissimo database in grado di stabilire cosa, nella storia, era "fuori posto" e cosa sarebbe stato da stabilire comunque appartenente al corretto volgimento del continuum.

I preparativi per Zimmerman erano durati 5 anni. Ma tornando sempre nel momento preciso in cui era partito, nessuno si accorse mai della sua assenza. Si spostava nel passato, feceva qualche investimento del quale risultato fosse stato certo, incassava i guadagni, li convertiva in oro e lo versava nelle casse dello IOR sul finire del ventesimo secolo, sotto falso nome. Questo gli permetteva, una volta rientrato in sede, di ripartire per un'epoca vicina alla sua, ritirare la valuta e con essa acquistare il materiale necessario, farlo riattrarre dalla macchina nella sua cabina, e dopodichè ritrasferirlo nel castello. Aveva impostato la macchina perchè conservasse il materiale solo per un tempo di Planck, l'unità naturale del tempo, affinchè fosse assolutamente invisibile a chiunque.

Quando Zimmerman fu ormai certo di aver riportato tutto l'occorrente necessario in quella che era ormai diventata la sua centrale operativa, senza che i 13 potessero in qualche modo nemmeno lontanamente intuirlo, accese tutte le sue centrali, si assicurò di avere energia a sufficienza praticamente per sempre, e con i suoi scudi deflettori temporali trascinò lui e tutta la sua fortezza al di fuori di qualunque tipo di influenza temporale.

Fatto questo, lasciò che la Lego Machine 1 effettuasse il traino di quello che sarebbe stato l'ultimo trasporto che la macchina avrebbe mai più fatto verso la sua postazione operativa, che era anche uno dei più importanti punti nevralgici della casta superiore: una Bomba Zar da 100 megatoni, una copia esatta della RDS-220, la più potente bomba all'idrogeno mai sperimentata dall'uomo.


Dall'altra parte temporale, una palla di fuoco di quasi 8 km di diametro produceva una distruzione TOTALE che si sarebbe propagata per un diametro di 90 km, la stessa distanza in altezza raggiunta dal fungo nucleare. Il raggio abbagliò quasi tutta l'europa settentrionale, e l'onda d'urto propagata, registrabile come un settimo grado della scala Richter, fece quattro volte il giro del pianeta.

Con sommo dispiacere, Zimmerman abbandonava quella che era stata la sua casa, il suo tempo e la sia famiglia, relegandolo per sempre in una distropia perduta.

Ora era tempo di far lavorare la Lego 2, e ricostruire la storia daccapo.

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