sabato 2 giugno 2012

Il mestiere di vender fumetti

Ogni tanto resto indietro di un po' di cose. Non avevo ancora segnalato, ad esempio, che qualche giorno fa Ric ha pubblicato la 24h 2012 di Laura Pantò.

Laura ha sempre delle belle uscite, nelle sue realizzazioni. Come ho scritto nel commento che ho lasciato nel blog di Ric, mi piacerebbe vedere una storia della Laura ogni mese. Mi mettono sempre di buonumore, è una ragazza che sa sicuramente raccontare. E non avete mai avuto modo di vederla all'opera: osservare con che sicurezza tira quelle linee dritte o curve a mano libera è sicuramente uno spettacolo.

Quindi, invito caldamente la Laura a realizzare almeno un paio (o anche tre) di 24h al GIORNO, che poi le leggo velocemente e me ne servono parecchie per appagare la mia passione della sua lettura.

Muoviti, Laura! Sono pronte?


Scherzi a parte.


Ieri ho introdotto un discorso sulle differenze tra chi i fumetti li fa e chi li vende. Una differenza abissale. E se chi di mestiere fa il venditore di fumetti fa un lavoro difficilissimo, come altri in altri luoghi hanno già discusso, chi si occupa di fare da luogo di posta per ritirare quello che tu hai già ordinato, secondo me fa un lavoro che non rappresenta par nulla il suo mestiere.


Mi spiego meglio. Voglio che chi non è del settore sia in grado di comprendere.

Esiste un catalogo dei prodotti pubblicati. In questo caso, ovviamente, parliamo di fumetti. E' bene precisare che per fumetto si intende un prodotto che non ha nulla a che vedere con i libri. Anche se il libro in questione contiene un fumetto, il prodotto "albo a fumetti" ed il prodotto "libro a fumetti" seguono canali del tutto differenti. Se comprate un fumetto in libreria, che so, il grande libro dei Peanuts, avete comprato un libro. Se lo trovate in fumetteria (e sottolineo SE) significa che la fumetteria l'ha ordinato seguendo un altro canale.

Poi ci sarebbero le distribuzioni da edicola, ma quello è un prodotto molto più diverso ancora. Non è di esso che voglio parlare ora.

Voglio parlare dei fumetti che potete comprare, generalmente, in fumetteria (o libreria specializzata, che dir si voglia).

Dunque.

Se esce un libro di, che so, Tizio Caio, e io so che è uscito, vado in libreria e mi aspetto di trovarlo. Se lo trovo, magari gli do un'occhiata, e se mi rendo conto del fatto che mi aggrada, lo compro.

In questo caso, tutte le parti sono soddisfatte: io, il fruitore, ho trovato il libro e l'ho potuto acquistare. Il negoziante l'ha potuto vendere, e l'editore ha concluso una transazione. E forse l'autore ci guadagna qualcosa, forse, ma anche questo è una cosa che non intendo discutere ora.

Quello che mi interessa è che la libreria ha fatto il suo dovere, e tutte le parti sono soddisfatte.

Ora, prendiamo la medesima situazione e spostiamoci in fumetteria. Esce un fumetto di Sempronio Qualunquini, io so che è uscito, vado in fumetteria e mi aspetto di trovarlo. Ebbene, nella stragrande maggioranza dei casi (considerando il numero di editori presi in considerazione) NON LO TROVERO'. Quello che troverò saranno sempre le solite etichette, i soliti editori, i soliti prodotti.


Questo accade perchè i titolari di dette fumetterie non acquistano i prodotti dei piccoli editori. Non li acquistano perchè non si vogliono sbattere a provare a venderli, perchè è più facile vendere Naruto che una qualunque delle chicche che il mondo della piccola editoria ci regala.

Se stessimo parlando di un commerciante che vende saponette o magliette, confesso che lo comprenderei. Gli affari sono affari.

Ma una libreria (cosa che una fumetteria è) compie un servizio di pubblica utilità. E se non lo fa, se per ordinare qualcosa aspetta che tu vai dentro, sfogli i cataloghi, e lo ordini (nella ottimistica ipotesi che decidano di ordinarlo, comunque-possono decidere di non farlo per mille motivi), io direi che questo servizio di pubblica utilità non viene compiuto.

Questa sensazione non è facilmente intuibile, perchè, diciamo, su cento editori esistenti, una decina di essi pubblicano più di cento titoli al mese (sono numero un po' così, a caso, puramente indicativi, giusto per comprendere il discorso), e i restanti 90 pubblicano, che so, una media di un albo ogni tre o quattro mesi. Nel contesto degli albi pubblicati, questo comporta 12000 albi l'anno da una parte, e 270 dall'altra. In parole povere, un quarantacinquesimo dei prodotti non sono presenti nella vetrina dell'acquistabile. In linea di massima, una piccolissima percentuale, che se fosse equamente spalmata sarebbe anche accettabile e comunque facilmente rimediabile.

Il problema è che questa spalmatura non avviene, e tale situazione di fatto rende INVISIBILE il prodotto del 90% delle case editrici pubblicate. Cioè la stragrande maggioranza.

Direi che siamo quasi di fronte ad un cartello censorio, che così facendo cancella il pluralismo. Il quasi ovviamente è una battuta.


Naturalmente tutto quello che scrivo è unicamente una mia opinione, supportata da dati di massima. Sono prontissimo ad un dibattito, nei commenti, sull'argomento, anche con dati effettivi. Non è mia intenzione fare della polemica, quanto invece portare alla ribalta la situazione per come realmente è sperando che prima o poi qualcuno decida di porvi rimedio. Magari resosi conto del danno.



Questo è soffioleggero, si parla di fumetti, relax, talvolta (un po' spesso, ormai) censure, riflessioni sulla vita e sul mondo. Per ora di vendite di fumetti.

Sua emittenza ha proposto di stampare gli euro direttamente nella nostra zecca privata. Al di là del fatto che se fosse stato fatto nel 2001 avrebbe potuto anche essere una proposta interessante, invece di farci massacrare dal signoraggio, noi abbiamo sempre la tendenza di chiudere la stalla quando i buoi sono scappati. Qualcuno dovrebbe spiegarmi su quali solide basi riusciremmo a garantire il valore della valuta "euro nazionale" nel confronto internazionale. Per tutto coloro che apprezzano l'umorimo del cavaliere, alla salute. Per tutti gli altri c'è sempre la solita triste risata di sconforto.

Passo e chiudo!


1 commento:

  1. A titolo personale ritengo che sia più probabile, anzi, forse è meglio dire certo che le fumetterie falliscano per l'avvento del digitale, piuttosto che ravvedano la loro linea di condotta sulle vendite.
    Ormai ho un po' rinunciato al concetto di fumetteria di fiducia e mi sono ridotta (magre finanze permettendo, perché siamo tutti sulla stessa barca)a comprare tutto alle fiere, specificatamente a Lucca (riuscendo così ad ottenere sconti considerevoli). Io sono una nostalgica della carta e l'idea che sia al tramonto m'intristisce molto (ma rallegra il mio portafogli e la mia camera in cui, l'ammetto, ormai non mi rigiro più) ma su una cosa provo davvero sollievo: il non dovermi più affidare alle bizze di un venditore che cerca di propinarti solo quel che conviene a lui e ignora del tutto le tue richieste. Oh, è la vita, la ruota gira per tutti.

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