mercoledì 23 maggio 2018

Il 2018

Siamo pronti?

Ok, iniziamo.

Sarà stato più o meno verso i primi di dicembre. Sì, inizio dicembre 2017. Parlavo con la mia amica Vale e si discuteva dei reciproci problemi che ci si porta dietro nel corso di un'esistenza: problemi di affetti, problemi di effetti, problemi di futuro, di passato e molto spesso (tra chi ci circonda) anche di congiuntivo.

Il congiuntivo è un problema immenso per la società moderna.

Comunque, dall'alto dei miei 40 anni (ebbene sì: non ho capito bene quando sia successo, ma alla fine sono invecchiato anch'io), e dei miei, ormai direi anche piuttosto seri, problemi di salute, mi sono trovato a riflettere sul fatto che tanti problemi sono assolutamente insolubili. Cioè, è così e basta. Non ci si può far niente. E che questo non li rende proprio dei problemi, ma più che altro... delle situazioni. Situazioni, ecco. Sì. Antipatiche. Fastidiose. Ma nulla di più che situazioni.  Con le quali accettare di dover convivere, ecco tutto. È inutile cercare di cambiarle: non ha senso e porterebbe solo a una fatica immensa, inutile e mortificante, oltre che semplicemente debilitante.

Sulle situazioni bisogna edificare, non tentare di modificarle.

Se si accetta questo punto basilare, costruire diviene più semplice. Sapere di dover per forza costruire seguendo una gabbia preimpostata, di poter fare modifiche ma SOLO DOPO aver seguito il tessuto originale.
È inutile che mi imposto di lavorare 100 ore alla settimana per...mi viene quasi da ridere...MIGLIORARE le cose. Ah! 100 ore. Non ce la faccio, punto. O meglio, non ce la faccio PIÙ. Le 100 ore le ho fatte, per fin troppo tempo. E forse è per quello che non ce la faccio più.
Oppure semplicemente non avrei potuto farcela mai. Forse non facevo altro che attingere a un serbatoio futuro che avrebbe dato unicamente fino a che aveva. E infatti ora non ha più.

Ma poi dico 100...ma nemmeno 50. Anche 50 ore la settimana sono ormai troppe. Forse anche 40, ma a questo punto probabilmente dipende da che lavoro si tratta.

Ho la fortuna, in questo periodo della mia vita, di fare un lavoro meraviglioso che mi permette di stare dietro a molte cose, che mi prende tempo ma non ruba attenzione. Anzi, forse ne fornisce in più.

Ma attenzione: non è assolutamente tutto oro quello che luccica. Nel preciso istante in cui scrivo nuove nuvole nere si addensano all'orizzonte. Magari si risolveranno con un nulla di fatto, ma la prima (e comunque irrimediabile) conseguenza è quello di farmi viver male. Ho un fegato così...

Non si può campare a 'sta maniera.

Non voglio vivere così.

Comunque, questa è la condizione attuale. Se prendiamo proprio l'ATTUALE ATTUALE potrebbe andare decisamente peggio (il dubbio che ci stia già andando però permane).

Brutto vivere di dubbi.

Oltre a questo, poi, sono praticamente costretto, da qualche anno a questa parte, a fare qualcosa che mi sta letteralmente distruggendo. Che SEMBRA rubarmi solo una manciata di ore settimanali, ma che poi richiede quasi tre giorni per riprendermi (anzi, molto di più, mi sto rendendo conto). E non mi riprendo quasi mai, la stanchezza va sempre più accumulandosi. Situazione che non fa altro che peggiorare le condizioni di salute già precarie, come detto.

E parlando di stanchezza, è mai possibile che uno sia costretto a curarsi per fare qualcosa che non vuole fare?

Ecco il punto.

Mentre parlavo con la Vale mi ha attraversato questo tipo di domanda. Qualcosa non torna, mi sono detto. In pratica si tratta di dedicare MEZZA SETTIMANA a qualcosa, sempre, che non dovrebbe esserci. Oltre il lavoro. Oltre gli impegni. E oltre i pensieri.

E oltre, se avanza tempo, quello che si vuol fare. Le mie storie, intendo. Il rispetto per i miei amati personaggi.
Che poi questo sta sempre all'ultimo posto.

Mezza settimana ogni singola settimana.

Una cosa che non poteva durare, infatti da qualche mese ho smesso. Con tutto quello che ne conseguirà. Vedremo.

Ora, non pensate che sia un incubo personale, il mio. Siete in condizioni simili TUTTI, chi più chi meno. La differenza può essere magari se ve ne rendete conto oppure no.

Io il problema lo vedo, almeno.

Quindi, dicevo, situazioni insostituibili. Alle quali si affiancano i veri problemi. Quelli sui quali si può far qualcosa, quelli per i quali effettivamente un cambiamento è possibile.

Dico spesso di aver raggiunto un'età in cui non mi posso più permettere di fare cose che non ho voglia di fare. E parecchie sono comunque costretto a farle.
Non mi era però ancora ben chiaro QUANTO non me lo potessi più permettere. Siccome non sono votato all'autodistruzione (posso esserlo stato in alcuni momenti passati della mia vita, ma di sicuro non lo sono ora), qualche cambiamento è venuto il momento di farlo, prima che un cambiamento definitivo non voluto mi raggiunga e a quel punto ciao core!..

Ho riflettuto per qualche giorno. Mi sono fatto un piccolo elenco dei problemi che ho. Mettendo da parte quelli di salute, che poi magari possono essere anche indirettamente causati dagli altri, mi sono reso conto che in effetti non erano poi tanti. Cioè, in realtà sono milioni: a guardarsi attorno con un minimo di paura uno può tranquillamente pensare di non avere alcuna via d'uscita. Però a osservarli bene non è difficile capire che uno tira (e causa) l'altro.

Se risali da uno all'altro, e poi ancora più su, è possibile rendersi conto che in effetti le cause di tutto quel malessere si racchiude in due o tre cose. Vabbe', anche quattro o cinque, magari. Ma non di più.

E che quando i problemi sono quattro o cinque non sono più milioni.
Quattro o cinque problemi si possono arginare. Si possono ricacciare indietro. In qualche modo, forse, si possono rimettere le cose a posto.

Il più possibile, almeno. Rientrare nella MIGLIORE DELLE CONDIZIONI POSSIBILI. Poi, oh, non è detto che anche questa condizione migliore sia eccezionale. Ma intanto non ti resta addosso il peso della colpa di non averci fatto nulla.
E poi la migliore, per grama che sia, sarà sempre meglio della peggiore, no?

Insomma: un piccolo cambiamento positivo è sempre meglio di nessun cambiamento. O di lasciarsi sprofondare.

Così, ricordo che ci ho pensato per un po'. Una settimana, forse. E poi gliel'ho detto, alla Vale. Le ho detto che avrei speso l'intero 2018 per cambiare le cose. Per rimettere a posto tutto quello che non andava nella mia vita. Tutto quello che avrei potuto, almeno. Ho anche aggiunto che in effetti mi stavo prendendo un anno, ma che alla fine avrebbe potuto essere anche un po' di più. Un anno e qualche mese, un anno e mezzo. Se mi fossi reso conto del funzionamento della pratica, anche due anni. Chi se ne frega? Quando il trend positivo è preso, non è mica un problema mantenerlo. Anzi, sarà solo più piacevole.

Tra parentesi, le ho detto che dovrebbe farlo anche lei, ma questa è tutta un'altra storia.

A questo punto ho quindi iniziato a interrogarmi sulle cose positive della mia esistenza. Quelle alle quali aggrapparmi, quelle sulle quali lavorare.

Le persone attente si saranno accorte del fatto che è una vita che non scrivo più su questo blog.

Quelle più attente ancora si saranno anche accorte del fatto che attorno al 2013 ho smesso gradualmente di disegnare, fatto salvo qualche sporadico scarabocchio e soprattutto qualche nuovo progetto che alla fine si è fermato, assieme a tutti gli altri. Come quello del fumetto che da il titolo a questo blog, che dopo la pubblicazione (cartacea, addirittura) del primo capitolo non è riuscito ad arrivare alla fine del secondo.

Pensare che dovrebbero essere 12.

Quello che ho tentato invece più volte di fare è riprendere a scrivere, come facevo un tempo, quando questa lunghissima (inteso in senso letterario) avventura di Vincent è iniziata.
Ci fu quindi prima un romanzo, pubblicato a puntate su Facebook, che situazioni personali mi hanno costretto a sospendere. Notare bene la parola: sospendere.

Poi ce ne fu un altro. Stavolta pubblicato, sempre a puntate, su questo stesso Blog.
Anche questo interrotto per altri problemi. Che onestamente, ora come ora, nemmeno mi ricordo di quali fossero. Ma so che ci sono stati, e che furono anche importanti.
Talmente tanto da costringermi a smettere di scriverlo.

Nel frattempo mi spengevo sempre più. Non faccio una colpa a tutti coloro che se ne sono andati, prima o dopo, o anche per ultimi, quando avevo probabilmente più bisogno di loro; abbandonandomi in maniera più o meno drastica, più o meno definitiva, e soprattutto in maniera più o meno dolorosa. Forse alla fine l'avrei fatto anche io.

No, dai. Io no. Ma è un altro discorso.

Ci fu il romanzo concluso. Quello sì. Quello pubblicato su Amazon, la svolta definitiva con l'abbandono della carta, che oggi considero in effetti il vero problema dell'editoria, nella quale ho comunque un lunghissimo trascorso.
Della carta in generale non voglio più sentir parlare.

Di quel romanzo, comunque, sono abbastanza soddisfatto, fatto salvo il problema di non esser poi riuscito a star troppo dietro alla sua promulgazione.
Troppi impegni. Troppi, soprattutto, pensieri.

Però devo anche ricordare che sia il romanzo che il fumetto ("Vita facile ha un carburatore" e "Il soffio leggero del tempo") hanno avuto la loro edizione cartacea.
Le ultime edizioni SteamPress, le ultime cose stampate dalla mia tipografia.
E l'ultima LuccaComics, che Comics non era già più e probabilmente non valeva nemmeno la pena andarci, ma mi dispiaceva interrompere una così lunga tradizione senza un ultimo saluto. Una tradizione che durava dal 1996, e che dal 2007 mi (ci) vedeva standisti. Alle quali si affiancarono anche il Romics di Roma (che poi sarebbe la vera LuccaComics, dopo la scissione di metà anni '90), il FullComics di Piacenza (poi trasferitosi nella mia Sarzana, che tanto bene l'ha trattato da non farlo tornare mai più), e soprattutto la BELLISSIMA Narnia, forse la più bella e più vera Fiera del fumetto rimasta in Italia, e infatti non la fanno più  (maggiori informazioni qui).

Quindi era l'ultima fiera, per me. L'ultima stampa, e l'ultima edizione cartacea (perlomeno per ora, per quanto possa saperne) della SteamPress, un piccolo sogno che per un po' di tempo, almeno, è stato una grande realtà.

Era il 2014. L'ultima edizione di Narnia, tra parentesi, fu quella del 2015 (edizione conteggiata "fantasma" perché a conti fatti non c'è stata). Non solo per me era la fine di un'epoca.
Mai più andato a una fiera del fumetto, dopo quella Lucca 2014. Nemmeno da spettatore. Tutto questo non è più fumetto, per me. Non la era più nemmeno quella del 2014, per dirla tutta. E nemmeno quella del 2013, e probabilmente nemmeno quella del 2012. Quella del 2011 chi lo sa, chi se ne ricorda.

Quella del 2007 fu straordinaria. Furono straordinarie l'atmosfera, le pubblicazioni, ma soprattutto le persone, e quindi qua entro in una questione strettamente personale.
C'era RobyRoy. C'era Ric. C'era Marfisia. Persone lontane, oggi, quanto profondamente vicine nel cuore.

Spero torneranno.

C'era persino quel cretino rompipalle di Mitch. I problemi in realtà iniziarono con lui, ma anche questa, in fondo, è un'altra storia, che probabilmente prima o poi racconterò.

E tutto quello che ne resta sono solo ricordi.

Comunque.

Devo stare attento, stavo per perdere il filo del discorso.

Il filo è che dopo tutto questo ho iniziato a raccontare qualcosa in un modo, credo, nuovo. Più di racconti, più che romanzo.

È "La leggenda, o del perché del dir si voglia". Un titolo che scelsi di voler raccontare nel '99. Ci ho messo solo 15 anni per capire cosa avrebbe raccontato.
E sono ormai cinque anni che lo sto scrivendo, e pubblicando (a puntate su Facebook, perché non è certo per fare soldi, che lo sto realizzando), ed è ancora ben lungi dall'esser conclusa.

È probabilmente la parte più sincera di me. La più profonda. Quella che ha paura ed allo stesso tempo sogna. Ecco qualcosa cui potermi aggrappare.

Una parte che non voglio veder morire e che anzi per come la vedo io è probabilmente l'unica che può salvarmi. Dalla noia. Dalla tristezza. Da questa assurda nostalgia, come cantava Guccini.

Nulla di quel che ho fatto è durato così a lungo ed è vissuta così prospera. E anzi, io credo che se giocherò bene le mie carte non solo salverà se stessa e me; ma addirittura riuscirà a recuperare tutto quello che è rimasto indietro nel tempo.

Magari anche le persone.

Ecco, io ho pensato di affidare a questa storia, ed a quello che ci gira attorno, la salvezza di tutto quello che è rimasto sospeso (e non interrotto, sia chiaro) nel tempo.

Ho quindi iniziato a strutturare degli appuntamenti, più che delle scadenze (parola che in effetti mi stringe un po', oggi come oggi) legate a quest'opera, la mia opera prima, ormai, ed a strutturare i miei impegni di vita attorno ad essa.
Può sembrare strano, ma...mi sono accorto che può funzionare.

Ho ragionato quindi sui cambiamenti che essa dovrà portare con sé, e li ho suddivisi in fasi. Poi ho preso la fase 1, e l'ho suddivisa in punti. Punti che contengono cose da fare per MIGLIORARE la storia in questione, e anche la sua fruibilità, inframezzati da punti che contengono cose da fare perché mi erano semplicemente rimaste indietro, e punti che contengono cose da fare per migliorare la mia vita.

Ero partito dall'idea di suddividere la fase in 100 punti, ma...meglio non essere troppo categorici. Sono già a 118, e penso possano crescere ancora. L'importante è che comunque volgano verso la soluzione, che in linea di massima è ormai prefissata.

Può funzionare, sì.

Tra parentesi, è quantomeno curioso che i punti si siano per ora fermati a 118, dato che quel numero rappresenta uno dei problemi.
E no, non spiegherò altro, per ora.

Buona giornata.

Phab

P.s.: dalla stesura alla pubblicazione di questo post è passato un po' di tempo. Attualmente i punti sono 173.

P.p.s.: l'immagine la capiranno credo in pochi, ma è molto importante per me.

P.p.p.s: curiosamente, la Vale, amica oggi molto presente, c'era anche all'epoca delle fiere (dove comunque anno dopo anno non c'erano solo RobyRoy, Ric e Marfisia), ma non ha mai voluto partecipare. Né a quelle, né a qualsivoglia 24h abbiamo mai organizzato.
Trovo curioso che chi non abbia mai presenziato prima si sia dimostrata la più tenace. Un plauso sincero a questa ragazza.

P.p.p.p.s.: va da sé che questo lungo post preannuncia cambiamenti imminenti. Restate sintonizzati.

Se vi va.

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